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Uri Caine incanta il pubblico accorso per lui al «Bellini»

Ha inanellato una serie incessante di variazioni dal gusto e dalla tecnica tipicamente jazzistici

CATANIA. Occasionalmente inserito nel corso della stagione sinfonica, il jazz non ha mai incontrato la totale approvazione dei frequentatori del Teatro Massimo, nonostante l'alta qualità dei concerti di volta in volta proposti. Il copione si è ripetuto ancora una volta (anche se assai contenuto), in occasione della esibizione del celebre pianista americano Uri Caine, artista di grande estro esecutivo e compositivo. Così a fronte dei festeggiamenti tributatigli da una parte consistente di pubblico (tra cui si distinguevano anche volti diversi dagli abituali frequentatori), si contava anche la fredda accoglienza da parte dei più intransigenti amanti dell'ortodossia classica.
Eppure Caine è artista dalle sorprendenti qualità, capace di muoversi trasversalmente fra tutti i generi, dal classico, al jazz, al funk, con uno stile assolutamente personale che poggia su una severa formazione tecnica e che trova il punto di forza in una capacità improvvisativa che gli permette di partire da un qualunque modello per poi trasformarlo attraverso una serie incredibile di elaborazioni e variazioni ben strutturate.
Lo stesso programma, o meglio non-programma, dal momento che la locandina riportava solo un titolo: Solitaire e un sottotitolo esplicativo: variazioni e improvvisazioni al pianoforte, dà il senso dell'operazione artistica, incentrata su una serie di improvvisazioni che nascevano da evocazioni di vario genere; a partire da una Sonata di Mozart o, ancora, intorno ad elementi sinfonici di Gustav Mahler, su cui Uri Caine inanellava una serie incessante di variazioni dal gusto e dalla tecnica tipicamente jazzistici. Non mancavano poi autori originali della sfera jazz, potendosi riconoscere Thelonious Monk, Scott Joplin con un aggiornato ragtime, Gershwin ed altri ancora; e alla fine non lesinava i bis tra cui il primo emergeva per le terrificanti sonorità percussive.

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