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Imprenditore si ribella al pizzo: 4 arresti tra Catania e Paternò

CATANIA. Militari dell'Arma hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di Catania, su richiesta della locale Procura distrettuale Antimafia, nei confronti di 4 persone ritenute responsabili di associazione mafiosa, estorsione, usura, spaccio di sostanze stupefacenti e rapina, con l'aggravante dell'articolo sette al fine di agevolare un sodalizio mafioso.


In particolare, l'attività investigativa ha evidenziato legami tra gli indagati con il clan Mazzei di Catania ed Assinnata di Paternò. Il provvedimento restrittivo scaturisce dalla collaborazione di un imprenditore paternese che ribellatosi al «pizzo» aveva subito un grave atto intimidatorio, con l'incendio di un mezzo della propria attività e successive pesanti minacce per costringerlo a piegarsi al racket delle estorsioni.


Gli arrestati sono Luigi Ciccia, di 27 anni, Salvatore Crisafulli, di 35, Giuseppe Fioretto, di
32 e Domenico Miano, di 29. L'attività investigativa, condotta dai Carabinieri della compagnia di Paternò, è cominciata nell'ottobre del 2008, quando un imprenditore del paese si era ribellato al pizzo ed aveva poi subito l'incendio di un mezzo della sua attività e pesanti minacce per costringerlo a piegarsi agli estorsori.


L'imprenditore denunciò l'accaduto ai carabinieri, che accertarono l'appartenenza di due degli arrestati al clan Assinnata e degli altri due al clan Mazzei. Inoltre l'indagine ha consentito di ricondurre agli odierni indagati una serie di episodi di estorsione, spaccio di sostanze stupefacenti e rapine, reati commessi avvalendosi delle condizioni di assoggettamento e di omertà tipiche delle associazioni mafiose ed al fine di agevolare i clan. Durante le indagini i carabinieri hanno accertato che nel territorio di Paternò, essendo i capi del clan Assinnata detenuti, il pizzo doveva essere pagato da chiunque fosse titolare di attività commerciale o lavorasse in paese a Fioretto, che si sarebbe reso protagonista insieme con Ciccia di diversi episodi di estorsioni ai danni di aziende e ditte edili.


Le indagini hanno appurato anche che Crisafulli e Miano si sarebbero occupati di spaccio di sostanze stupefacenti e di usura con tassi del 15% mensile. Il profitto della vendita della droga lo avrebbero reinvestito nell'usura o nell'acquisto di altro stupefacente. In caso di
mancati o ritardati pagamenti alle minacce sarebbero seguite le estorsioni, come il sequestro dei veicoli di proprietà delle vittime, che per riavere indietro il mezzo erano costrette a pagare l'intero debito, subito e in unica soluzione.

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