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Il caso cenere lavica, sei ex assessori devono risarcire il Comune di Catania

CATANIA. Nove anni dopo lo “scandalo della cenere vulcanica”, che vide la giunta guidata da Umberto Scapagnini approvare a pochi giorni dalle elezioni amministrative il rimborso dei contributi previdenziali a tutti i dipendenti comunali, la Corte dei conti ha condannato sei ex assessori al risarcimento del danno all'immagine di Palazzo degli Elefanti. Orazio D'Antoni, Nino Strano, Ignazio De Mauro, Fabio Fatuzzo, Filippo Grasso e Antonino Nicotra dovranno alle casse del Comune 25 mila euro ciascuno. La sentenza (306/2014) è stata pronunciata dalla Sezione giurisdizionale.

Per la stessa vicenda gli stessi ex amministratori sono stati condannati in sede penale a 2 anni e 2 mesi di reclusione (Scapagnini a 2 anni e 6 mesi) ed all'interdizione dai pubblici uffici per il reato di “concorso in abuso di ufficio aggravato e continuato per acquisire consenso elettorale”.

Secondo i giudici contabili “la sussistenza del danno all’immagine nei confronti del Comune di Catania deve ritenersi provata tenuto conto: della gravità, in astratto, della condotta accertata in sede penale in quanto il delitto di abuso di ufficio è un reato sintomatico di infedeltà e/o di incompetenza del pubblico ufficiale; della gravità, in concreto, di tale condotta finalizzata ad interferire sulla competizione elettorale; della qualità di amministratori apicali, rivestita dai componenti della giunta”.

Respingendo la tesi difensiva secondo la quale la presenza dei pareri favorevoli di regolarità tecnica ed amministrativa avrebbe esentato i componenti della giunta, anche tenuto conto che alcuni di loro non avevano una specifica competenza tecnico-giuridica, da ogni responsabilità, il collegio giudicante sottolinea che “la ricorrenza dell’elemento soggettivo non può essere esclusa dal non possedere adeguate cognizioni tecnico-giuridiche giacché chi assume, per propria iniziativa, un incarico pubblico ha anche l’onere di acquisire le necessarie cognizioni per espletarlo in conformità alla legge, altrimenti vi sarebbe una condizione soggettiva precostituita che legittimerebbe l’adozione di atti illegittimi, forieri di illeciti erariali, senza alcuna conseguenza per l’autore”.

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