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Manager dimissionario: pagato per non fare nulla

Gianni Villari, ex amministratore della partecipata Lavoro Sicilia, ha gettato la spugna: «Carrozzoni tenuti in vita per pagare stipendi e per incarichi di sottogoverno»

PALERMO. «La società Lavoro Sicilia poteva essere una risorsa produttiva e invece, per la strafottenza della Regione e degli assessorati competenti, è risultata fallimentare. Per questo mi sono dimesso»: Gianni Villari, ex deputato all’Ars del Pd, è fra i 21 (su 93) amministratori di società regionali ed enti collegati che ha rispettato l’obbligo di rendere pubblico il proprio reddito. Ma soprattutto è l’unico ad essersi dimesso, poco più di un anno fa, perchè «ho capito che il solo motivo per cui la Regione teneva in vita la società era coprire le perdite al fine di salvare i sette posti di lavoro e gli incarichi di sottogoverno. Non c’era alcuna volontà politica di assegnare alla società una mission produttiva. Ogni volta che da amministratore delegato presentavo un progetto nessuno lo prendeva in considerazione».
Tutto ciò Villari lo ha messo per iscritto in 3 relazioni al governo (si era nell’ultima fase dell’era Lombardo) con cui avvertiva anche della necessità di mettere in liquidazione Lavoro Sicilia «per evitare che non riesca più a far fronte ai suoi debiti». Parole in atti intestati della società che finiscono per fotografare la realtà delle 33 partecipate che un’inchiesta della Corte dei Conti qualche mese fa ha definito «mangiasoldi, poco trasparenti e fallimentari».


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