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Coniugi uccisi a Palagonia: continuano le indagini, rilievi su un paio di slip insanguinati

PALAGONIA. Si è conclusa a notte  fonda la duplice autopsia compiuta, nell'obitorio dell'ospedale  di Caltagirone, sui corpi di Vincenzo Solano, 68 anni, e della  moglie, la spagnola Mercedes IBanez, di 70, uccisi il 30 agosto  scorso durante una rapina nella loro villa di Palagonia, nel  Catanese. Per il duplice omicidio la polizia di Stato, su  disposizione della Procura di Caltagirone, ha fermato un  ivoriano di 18 anni, Mamadou Kamara. Il giovane, sbarcato a  Catania l'8 giugno scorso, era ospite del vicino Cara di Mineo.

I primi esiti dell'esame saranno depositati, con una breve  relazione, in giornata in Procura, mentre l'autopsia completa  sarà consegnata entro i prossimi 60 giorni. La magistratura  valuterà la richiesta dei familiari delle vittime sulla  restituzione delle salme per fare celebrare i funerali. È prevista per  domani mattina l'udienza di convalida, davanti al Gip, del fermo  eseguito due giorni fa dalla polizia di Stato di Mamadou Kamara

Continuano le  indagini. La polizia scientifica ha continuano nei rilievi  nella casa e anche su un paio di mutande da uomo insanguinate  trovate nel giardino. Potrebbero essere dell'ivoriano fermato  che le ha tolte per evitare di essere sospettato. Gli  investigatori stanno controllando i tabulati del suo cellulare  personale dal quale avrebbe fatto almeno due chiamate.    ui non ha fatto alcuna ammissione. Agli investigatori della  squadra mobile di Catania e del commissariato della polizia di  Stato di Caltagirone ha fornito la sua spiegazione: «il borsone  (con dentro cellulare e Pc portatile delle vittime, ndr) l'ho  trovato per strada, che male c'è?», e dopo avere fornito questa  sua spiegazione ha chiesto «perchè mi state trattenendo, visto  che ho chiarito tutto?». «Tra l'altro sono uscito alle 6 - ha  aggiunto - e sono rientrato adesso non avrei avuto il tempo di  andare e tornare da Palagonia». Ma la registrazione dell'uscita  non esiste e il poliziotto di turno nega di averlo visto passare  dall'ingresso principale. Potrebbe avere 'saltatò la recinzione  o passato da uno dei 'buchì che vengono creati.

  Ma i particolari che lo accusano non sono soltanto legati al  borsone con cui poco prima delle 7 del mattina di due giorni fa  ha tentato di rientrare nel Cara di Mineo, suscitando la  curiosità di una caporale dell'esercito che ha fatto intervenire  un ispettore della polizia di stato facendo partire l'indagini  che ha portato alla tragica scoperta nella via dei Solano, in  via Palermo, a Palagonia.     Nel borsone c'erano anche un suo paio di pantaloni neri  macchiati di sangue e una cintura bianca, con una grossa fibbia.  Gli stessi che indossa, puliti, in una foto contenuta sul suo  cellulare personale. Al momento in cui è stato bloccato, invece,  indossa una magliettina grigia di un'impresa di Palagonia con la  quale Vincenzo Solano collabora, i pantaloni, che sono diverse  misure più grandi, e le pantofole dell'uomo. Capi che la figlia  della vittima riconoscerà in commissariato in maniera certa e  incontrovertibile. Secondo la tesi dell'accusa, l'ivoriano dopo  la strage si sarebbe cambiato gli abiti per non destare sospetti  al suo rientro al Cara.

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