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I lavoratori Tecnis scrivono al premier: "Chiediamo garanzie"

CATANIA. "Garantirete soltanto il completamento delle opere in corso di realizzazione o è vostra intenzione favorire il prosieguo delle attività dell'azienda?". E ancora: "Ci aiuterete a mantenere i posti di lavoro nostri e dell'indotto riavviando il volano di acquisizioni di nuovi lavori, che di fatto costituiscono la linfa vitale per poterci garantire la nostra attività e vita futura?". Sono le due domande rivolte in una lettera aperta al presidente del Consiglio, all'Autorità nazionale anticorruzione e al Prefetto di Catania dai dipendenti e dagli operai del gruppo Tecnis. Alla ditta è stato sospeso il certificato antimafia in seguito al coinvolgimento dei componenti del suo Cda, Mimmo Costanzo e Concetto Bosco, finiti agli arresti domiciliari nell'ambito dell'inchiesta 'Dama Nera' della Procura di Roma su presunte tangenti all'Anas.

Nella lettera si afferma che "l'unica vera questione che può giovare alla Tecnis, con le dovute forme di controllo per garantire un percorso di legalità condiviso e che le istituzioni riterranno opportuno attuare, è che si possano ottenere i flussi finanziari necessari all'effettivo riavvio delle attività nei cantieri, in modo da continuare a garantire per il futuro gli attuali livelli occupazionali, così preziosi in una terra che ne offre davvero pochi". Nel documento i 1.000 dipendenti della Tecnis di Catania e delle società collegate e controllate vogliono sottolineare all'intera opinione pubblica nazionale "il dramma delle migliaia di famiglie dei dipendenti ed operai, diretti ed indiretti e dell'intero indotto, che lavorano per il Gruppo, per effetto delle recenti vicende giudiziarie che hanno coinvolto la società e i loro titolari, ma anche per questioni poco evidenziate dalla stampa locale e nazionale fino ad oggi".

Ed evidenziano "la situazione di disagio finanziario in cui versa l'Azienda, che rischia di far pagare ai numerosissimi lavoratori interessati un caro prezzo di vita".

 

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