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Mafia a Catania, confisca di beni per due milioni di euro nei confronti di due imprenditori

Sigilli alle proprietà di Franco e Salvatore Marino

CATANIA. La Direzione investigativa antimafia di Catania ha eseguito due decreti di confisca, emessi dal locale Tribunale, nei confronti dei fratelli Franco e Salvatore Marino, imprenditori, su richiesta di altrettante proposte di applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, formulate dal direttore della Dia, Nunzio Antonio Ferla.

Nel 2014 i due fratelli erano stati arrestati dalla Dia di Catania nell'ambito dell'operazione 'Prato verde', in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip nei confronti di 28 persone accusate, a vario titolo, di essere tra vertici e fiancheggiatori del clan dei Carateddi, capeggiato dal boss Orazio Privitera, attualmente detenuto in regime di 41 bis.

L'inchiesta è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Catania. Il provvedimento di confisca interessa aziende, fabbricati, terreni, automezzi e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di circa 2 milioni di euro.

L'inchiesta, ricorda la Dia di Catania in una nota, aveva consentito di disarticolare il clan mafioso Cappello ed in particolare il gruppo denominato "Carateddi" dedito principalmente alla commissione di reati contro il patrimonio, al traffico di sostanze stupefacenti, alle truffe in danno della Pubblica amministrazione mediante l'indebita acquisizioni di erogazioni pubbliche in ambito agricolo, operante nella piana di Catania e nei quartieri Pigno e Librino della città etnea. I fratelli Marino, destinatari dei provvedimenti di confisca dei beni, erano già stati arrestati nell'ambito dell'operazione Prato Verde per associazione mafiosa e altro.

Nonostante all'ordinanza cautelare abbia fatto seguito, per Salvatore Marino, un provvedimento che l'ha parzialmente annullata, la Sezione Misure di Prevenzione, ha disposto la confisca. Tra l'altro i fratelli Marino, ricorda la Dia di Catania, erano stati anche accusati di aver perpetrato truffe ai danni della Pubblica Amministrazione per complessivi 850.000 euro, mediante cospicue erogazioni pubbliche in ambito agricolo, ed erano stati condannati per aver favorito la latitanza Orazio Privitera.

I beni, per un valore stimato in 2 milioni di euro, consistono in 17 appezzamenti di terreno con fabbricati rurali tutti ricadenti nei territori delle province etnea e aretusea, un appartamento, 4 aziende con sede a Scordia operanti nel settore dell'allevamento di bovini e coltivazioni di cerali; 10 veicoli tra cui anche mezzi pesanti per autotrasporto, nonché numerose disponibilità bancarie e finanziarie.

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