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Morte di Nicole, decreto del gip: la casa di cura responsabile civile

CATANIA. Parte offesa, ma anche responsabile civile. Avrà un doppio ruolo la clinica Gibiino nell'udienza preliminare sul rinvio a giudizio di cinque persone nell'ambito dell'inchiesta sulla morte di Nicole Di Pietro, la piccola deceduta il 12 febbraio 2015 poco dopo la nascita nella casa di cura di Catania. Lo ha deciso il Gup Alessandro Ricciardolo che ha ammesso come parti civili una ventina di familiari della piccola vittima, associazioni, l'assessorato regionale alla Salute e la clinica.

Il Gup ha anche emesso un decreto per la citazione come responsabile civile per la Gibiino, che si dovrà costituire nel procedimento, con un doppio ruolo, nell'udienza del 6 luglio. La richiesta di rinvio a giudizio riguarda la ginecologa Maria Ausilia Palermo, il neonatologo Antonio Di Pasquale, e l'anestesista Giovanni Gibiino, indagati per omicidio colposo; l'ostetrica Valentina Spanò per false attestazioni; e il direttore sanitario Danilo Audibert per favoreggiamento personale.

C'è almeno un precedente, è stato ricordato in sede giudiziaria e penale, nella presenza in un processo come parte offesa e responsabile civile: il caso della Costa Crociere nel naufragio della Concordia. La clinica è rappresentata dall'avvocato Tommaso Tamburino.

L'inchiesta era nata dopo la denuncia dei genitori della piccola, Andrea Di Pietro e Tania Laura Egitto, assistiti dai legali Michele Ragonese e Mary Chiaromonte. La coppia l'8 gennaio scorso ha avuto una figlia, che hanno chiamato Victoria Maria.

Del caso si è occupato anche il ministero della Salute, con l'invio di ispettori e di carabinieri del Nas. Accertamenti sono stati svolti anche dall'assessorato regionale. Le indagini sono state eseguite da polizia di Stato, squadra mobile e dal nucleo di polizia giudiziaria della Procura di Catania.

L'accusa contestata alla ginecologa Maria Ausilia Palermo, al neonatologo Antonio Di Pasquale e all'anestesista Giovanni Gibiino è l'omicidio colposo per «aver cagionato il decesso» della neonata per «colpa generica consistita in negligenza, imprudenza e imperizia». La morte sarebbe sopravvenuta per «arresto irreversibile delle funzioni vitali consecutivo a grave sofferenza acuta fetale». Ai tre medici è contestato anche il reato di falso ideologico.

A Danilo Audibert, all'epoca direttore sanitario, la Procura contesta il favoreggiamento personale «sulla presenza in sala parto del kit di emergenza neonatale». Alla ginecologa Palermo sono contestate lesioni personali colpose nei confronti di Tania Laura Egitto, madre di Nicole, per «la mancata rimozione di una garza durante le fasi di applicazione dei punti di sutura post partum, con conseguente insorgenza di un'infezione protrattasi per 13 giorni fino alla definitiva rimozione del corpo estraneo, avvenuta nell'ospedale Cannizzaro».

L'inchiesta è coordinata dal procuratore Michelangelo Patanè e dai sostituti Alessandra Tasciotti e Angelo Brugaletta.

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