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Raid punitivo al pronto soccorso: sette arresti a Catania per l'aggressione al medico

CATANIA. Un'ordinanza cautelare personale per 7 persone è stata eseguita dalla polizia di Stato di Catania nell' ambito delle indagini sull'aggressione, il 1 gennaio scorso, a un medico del pronto soccorso dell'ospedale Vittorio Emanuele.

I reati ipotizzati, a vario titolo, sono lesioni aggravate, violazione di domicilio, interruzione di pubblico servizio e minacce a Pubblico ufficiale. Il provvedimento, emesso dal Gip su richiesta della Procura Distrettuale, si basa su indagini della squadra Mobile che hanno permesso di individuare gli altri presunti autori dell' aggressione.

Per il raid punitivo commesso il giorno di Capodanno nei confronti del medico, che aveva rifiutato di fornire i dati di una paziente, era stata già arrestata una persona, Mauro Cappadonna, 47 anni, che è a processo davanti al Tribunale monocratico per l'aggressione, accusato di lesioni aggravate ed interruzione di pubblico servizio. Lo stesso provvedimento restrittivo è stato eseguito nei confronti di altri sei presunti partecipanti al raid nell'ospedale Vittorio Emanuele. Sono Salvatore Di Maggio, di 42 anni, Federico Egitto, di 20, Santo Antonino Lorenzo Guzzardi, di 25, Giuseppe Tomaselli, di 32, Luciano Tudisco, di 24, e Angelo Vitale, di 20.

I reati contestati, a vario titolo, dal Procuratore Carmelo Zuccaro e dal sostituto Martina Bonfiglio sono lesioni aggravate, violazione di domicilio, interruzione di pubblico servizio e minacce a pubblico ufficiale.

Il Gip Sebastiano Di Giacomo Barbagallo ha rigettato una analoga richiesta di misura cautelare per due metronotte che erano quel giorno in servizio.

Il medico, mentre era seduto davanti al computer, è stato assalito da cinque persone e colpito violentemente al volto con un pugno e con schiaffi, riportando un edema alla regione orbitale e alla regione fronto-parietale. Le indagini delle Volanti della polizia di Stato hanno permesso di identificare Cappaddonna la cui automobile, mentre era parcheggiata, era stata tamponata da un ciclomotore guidato da una donna. Era stato sospeso anche un operatore del 118, che secondo gli investigatori è stato coinvolto nell'aggressione al medico. 

Le indagini, condotte dalla squadra mobile della questura, si sono avvalse della testimonianza di decine di persone, compreso il medico vittima dell'aggressione, e della visione dei filmati dell'impianto di videosorveglianza dell'ospedale.

Il raid, hanno confermato gli investigatori, scaturì dal rifiuto del medico di fornire il nominativo di una persona che, coinvolta in un incidente stradale con l'auto della moglie di Cappadonna, era stata poco prima visitata nel Pronto Soccorso del nosocomio.

«Ci aspettiamo sempre che i responsabili dei servizi pubblici facciano il loro dovere. Siamo di fronte a un'aggressione vigliacca, avevamo il dovere di individuare tutti i responsabili. Siamo sensibili a questi temi e noi continueremo a perseguirli».

Lo ha affermato il procuratore capo di Catania, Carmelo Zuccaro, alla conferenza stampa sugli arresti domiciliari disposti per i sette presunti partecipanti all'aggressione, avvenuta il 1 gennaio scorso, del medico del pronto soccorso dell'ospedale Vittorio Emanuele.

«Di fronte a un cittadino che, senza essere un eroe, ma con dovere civico denuncia e collabora, col coraggio di chi sa che fa il proprio dovere - ha aggiunto il procuratore - noi non staremo fermi. Mai. Come è accaduto in questo caso che si è risolto grazie al prezioso lavoro della polizia di Stato e alla collaborazione di tutte le strutture interessate».

Uno degli indagati agli arresti domiciliari è un operatore del 118 che ha aperto, servendosi del codice di accesso, la porta d'ingresso del pronto soccorso agli aggressori. L'uomo, Salvatore Di Maggio, agli arresti domiciliari da oggi, è ancora in servizio. «Ha agito in maniera spudorata - ha ricostruito il procuratore Zuccaro - senza avere consapevolezza del proprio ruolo. E questo tipo di abuso, a qualsiasi livello di pubblica amministrazione, deve essere perseguito».

«Con l’educazione non ottieni nulla, se sei educato te la mettono nel c...», per questo si "meritano una sugghiata di coppa (una dose abbondante di legnate, ndr"), adesso «dovete andare a dare legnate al medico». Sono le frasi che avrebbe detto Salvatore Di Maggio, operatore del 118, ai suoi presunti correi nell’aggressione, avvenuta il 1 gennaio scorso, al medico del pronto soccorso dell’ospedale Vittorio Emanuele di Catania. Lo riporta il Gip Sebastiano Di Giacomo Barbagallo nell’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari emessa nei confronti dei sette presunti partecipanti al raid.

«Il Di Maggio - rileva il Gip - si erge alla stregua di 'deus ex machina' dell’agguato, nonché di istigatore e determinatore del cognato Cappadonna e del gruppo d’assalto». Il Giudice per le indagini preliminare contesta a Di Maggio di avere avuto «un ruolo determinante nell’intera vicenda», permettendo agli altri sei indagati di «introdursi contro la volontà degli infermieri preposti al controllo degli ingressi, all’interno del pronto soccorso» dell’ospedale e permettendo di potere «aggredire il medico di servizio, con schiaffi» e di poterlo «colpire, mentre si trovava a terra, con calci e pugni» procurandogli un «trauma toracico con infrazione della prima costola», giudicato guaribile in 20 giorni.

Per il Gip ad entrare in azione è stato «un commando punitivo organizzato e addestrato» che ha agito per «la riaffermazione della supremazia dell’arrogante che si arma e scende in campo per delimitare il controllo del territorio e ristabilire le proprie regole di forza in spregio alla legalità».

«Le incontrovertibili emergenze" emerse dalle indagini «comprovano la radicata ingerenza di dinamiche tipicamente paramafiose che non potevano certamente essere ignorate da quanti hanno la responsabilità di organizzare il lavoro e i servizi di una struttura ospedaliera di grandi dimensioni nel pieno centro di un quartiere notoriamente difficile». Lo rileva il Gip Sebastiano Di Giacomo Barbagallo nell’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari emessa nei confronti dei sette presunti partecipanti al raid al medico del pronto soccorso del Vittorio Emanuele di Catania.

Quando accaduto, secondo il Gip, manifesta «la dubbia opportunità delle scelte adottate da quelle autorità amministrative che, avendone la competenza, hanno sino ad oggi ritenuto evidentemente superfluo garantire, tramite la presenza di un posto fisso di polizia, le necessarie condizioni di tranquillità e sicurezza al personale sanitario che, giorno e notte, vi esercita delicatissime attività professionali».

In questo quadro il Gip inserisce il «comportamento omissivo" delle due guardie giurate in servizio il giorno dell’aggressione nell’ospedale, che, «intimorite, non si sono attivate in maniera efficace, nonostante ne avessero l’obbligo giuridico, per impedire la consumazione dell’aggressione omettendo financo di richiedere telefonicamente l’intervento delle forze dell’ordine». Non lo avrebbero fatto, ritiene il Gip, per le "condizioni ambientali sopra delineate piuttosto che per mere logiche di connivenza». Per questo ha rigettato la richiesta di arresti domiciliari sollecitata dalla Procura anche per loro due.

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