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Ambulanza della morte, erano i clan a imporre il personale a bordo

BIANCAVILLA. «L'azione dei carabinieri sul territorio che ha portato a numerosi arresti di affiliati a clan e boss della zona ha agevolato l’inchiesta 'Ambulanza della morte': i testimoni hanno visto molte delle persone coinvolte erano in carcere e hanno avuto meno paura e maggiore fiducia nelle Istituzioni». Lo ha affermato il procuratore aggiunto Francesco Puleio che, col procuratore Carmelo Zuccaro e il sostituto Andrea Bonomo, ha coordinato le indagini dei carabinieri della compagnia di Paternò e del Reparto operativo del comando provinciale di Catania.

Secondo quanto ricostruito sulla base delle dichiarazioni di testimoni e dei parenti delle vittime, i malati sono stati uccisi durante il trasporto con ambulanza privata dall’ospedale (in prevalenza di Biancavilla) alla loro abitazione da Garofalo presente sull'ambulanza in qualità di detto ai trasporti.Per l'accusa l’uomo iniettava aria nelle vene delle vittime, cagionandone la morte per embolia gassosa. Alle condotte criminali, iniziate nel 2012, era completamente estraneo e all’insaputa il personale sanitario.

Successivamente, al momento della consegna della salma ai familiari, veniva riferito falsamente che il decesso era avvenuto per cause naturali durante il trasporto. Così gli addetti all’ambulanza incrementavano il loro guadagno, svolgendo anche il servizio della 'vestizione' dei defunti e percependo un importo di circa 200-300 euro, che dovevano dividere con il clan. Secondo la Procura distrettuale di Catania, infatti, era la mafia a imporre il personale a bordo dell’ambulanza, per ottenerne un beneficio economico.

L’indagine in questione, convenzionalmente denominata "Ambulanza della Morte", costituisce la naturale prosecuzione della serrata attività intrapresa dalla Procura Distrettuale di Catania e dai Carabinieri della Compagnia di Paternò nel territorio del comune di Biancavilla ad un anno esatto dall’operazione «Onda d’Urto» e a nove mesi dall’operazione "Reset".

L’inchiesta 'Ambulanza della morte' ha fatto emergere, comportamenti che «anticipano il decesso di persone gravemente malate, allo stato terminale, per profitto, per denaro, con disprezzo totale della vita umana e della dignità della persona». Lo ha affermato il procuratore aggiunto Francesco Puleio, che, col procuratore Carmelo Zuccaro e il sostituto Andrea Bonomo, ha coordinato le indagini dei carabinieri della compagnia di Paternò e del Reparto operativo del comando provinciale dei carabinieri di Catania.

All’indagato, Davide Garofalo, di 42 anni, oltre che l'omicidio volontario aggravato dall’avere favorito la mafia è contestato anche «l'avere agito con crudeltà verso le persone, di avere approfittato delle circostanze di tempo e di luogo tale da ostacolare la pubblica e privata difesa e di avere commesso il fatto con abuso di prestazione d’opera».

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