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Accusato di aver ucciso una 17enne a Caltagirone, va a processo dopo 26 anni

Il tribunale di Catania

CATANIA. Avrebbe ucciso la sera del 16 settembre del 1992 la diciassettenne Simona Floridia, probabilmente al culmine di una lite, il cui corpo non è stato trovato.

È l’accusa contestata al 45enne Andrea Bellia che, su richiesta del procuratore Giuseppe Verzera, è stato rinviato a giudizio per omicidio volontario premeditato dal Gip di Caltagirone, Ivana Cardillo, a 26 anni dal delitto. La prima udienza del processo si terrà il 13 settembre prossimo davanti la Corte d’assise di Catania.

L’imputato, assistito dall’avvocato Fabiana Michela Distefano, che è libero, si è sempre proclamato innocente. «Soddisfazione per la decisione del Gup e l’avvio di un processo che farà luce sull'accaduto rendendo giustizia a Simona» è stato quanto espresso dalla famiglia Floridia, che è parte civile nel processo tramite il suo legale, l’avvocato Giuseppe Fiorito.

Tra le prove contro Cardillo la sua confessione a un amico ('sono stato io'), che l'ha poi confermata in sede di incidente probatorio, ma sempre smentita dall'imputato.

Simona Floridia è scomparsa la sera del 16 settembre del 1992 da Caltagirone. Era uscita con degli amici e poi, prima di rientrare a casa, ricostruirono alcuni di loro, fece un giro in Vespa con Bellia, allora 19enne.

Per l’accusa, sostenuta dal procuratore Giuseppe Verzera e dalla parte civile, i due sarebbero andati a monte San Giorgio dove avrebbero avuto una lite al culmine della quale, è la tesi condivisa dal Gip, il 19enne l’avrebbe gettata da un dirupo in una zona inaccessibile.

Per la difesa, invece, dopo un giro fatto insieme, Bellia con la Vespa avrebbe riaccompagnato Simona al centro, lasciandola viva vicino a un bar. Poi non l'avrebbe più vista. L’inchiesta si era conclusa con un’archiviazione del fascicolo.

È stato il legale della famiglia Floridia, l’avvocato Giuseppe Fiorito, nello svolgere attività di indagini, a scoprire la registrazione di una telefonata tra un amico dell’imputato che alla propria fidanzata rivela che Bellia, dopo un incidente, pensando di essere a rischio vita, gli aveva confessato di essere stato lui l’autore del delitto.

La trascrizione della conversazione fa riaprire l’inchiesta e l'amico di Bellia, sentito durante un incidente probatorio per 'cristallizzare' le sue dichiarazioni che così diventano parte integrante del fascicolo, conferma quando aveva detto alla fidanzata al telefono. Ricostruzione che Bellia smentisce categoricamente, dichiarandosi innocente.

L’insieme degli indizi che sono entrati a fare parte del dibattimento hanno portato alla decisione del Gup, Ivana Cardillo, di disporre il rinvio a giudizio dell’imputato per omicidio volontario premeditato dal a 26 anni dal delitto.

Ci sono due precedenti di processo a Catania per omicidio di una donna senza il 'corpo del reato', ovvero che il cadavere della vittima sia stato trovato, come nel caso di Caltagirone.

Il 7 aprile del 2017 la Corte d’assise ha condannato a 25 anni di reclusione per omicidio e occultamento di cadavere l'82enne Salvatore Di Grazia, per avere ucciso e nascosto il corpo della moglie, mai trovato, Mariella Cimò, di 72 anni.

Le motivazioni della sentenza non sono state ancora depositate e quindi non è stato ancora possibile presentare ricorso per la difesa dell’uomo, che è libero, che si proclama innocente.

Un altro caso è quello di Rita Cigna, una sarta di 45 anni, scomparsa il 15 luglio del 1995, il giorno prima del fidanzamento ufficiale con Francesco Le Pira, più grande della donna di tre anni, che era sposato.

L’uomo fu accusato del delitto e condannato in primo e secondo grado a 23 anni di reclusione, ma la Cassazione, il 26 aprile del 2007, annullò senza rinvio la sentenza, assolvendolo.

Al centro del processo la scomparsa della donna, che da tempo aveva una relazione con Le Pira. Il rapporto era noto a amici e parenti della presunta vittima, ma non alla famiglia dell’uomo.

Il 15 luglio del 1995, giorno della 'presentazione in casa', la coppia uscì per comprare dei fiori da regalare ai genitori della donna. Da allora di Rita Cigna non si sono avute più notizie.

Le Pira, che si è sempre proclamato innocente, ha sostenuto di averla lasciata vicino alla sua abitazione e di non averla più' rivista, ma la Procura di Catania, invece, ipotizzò che l’uomo avrebbe deciso all’ultimo momento di salvare il proprio matrimonio sopprimendo l’amante e nascondendo poi il cadavere.

Accuse dalle quali, condannato in primo e secondo grado, è stato prosciolto in maniere definitiva dalla Cassazione.

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