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Si ride al Garibaldi di Giarre, in scena lo spettacolo "Spirito allegro": tutte le foto

Cosa fareste se per casa cominciasse ad aggirarsi un fantasma? E se i fantasmi diventassero addirittura due? Se volete saperlo in modo davvero molto verosimile basta seguire le rocambolesche vicende di Charles Considine così come vengono narrate da Noël Coward nella commedia Spirito allegro, rivisitata dal giovane e già noto regista Eugenio Patanè.

Oggi in replica al teatro Garibaldi di Giarre a cura della Compagnia teatrale Jonica.

Nel salotto di casa Considine, disegnato da Gaetano Venuto e Mariangela Grasso ,«animato» da trucchi visivi che sarebbe incauto definire «effetti speciali», ecco muoversi le creature di Coward. Si comincia necessariamente da Giuseppe Cultrera, padrone della scena, il cui Considine, elegante, efficace nella mimica e abilmente calzante e puntuale nella battuta, svela per passaggi progressivi l’intima natura di un personaggio che non riesce a liberarsi dal giogo delle sue donne, vive e trapassate. Con lui, nella parte di Ruth, Marika Mannino, perfettamente calata nel ruolo di una moglie borghese di buon senso e proprio perché di buon senso destinata a soccombere. L’acida Elvira(prima moglie di Carlo) Elvira Piacenti , evocata, arriva fluttuando e sparge intorno a sé un gradevole divertimento. Al terzetto si aggiungono Silvana Cultrera e Salvo Maccarrone nei panni dei signori Bradman e l’allibita cameriera dei signori Considine, Bernadet Anastasi, bravi caratteristi.

Lasciamo per ultima Angela Giammuso, una Madame Arcati impagabile nella sua chiassosa passione per lo spiritismo e nella ingovernabile tendenza a produrre disastri: una patita dell’occulto. Leggiadra nella sua eterea apparizione la piccola Arianna Galeano, “spiritello guida” di Madame Arcati.

Ottima la regia, perfetti i tempi, gradevole lo spettacolo nel suo insieme. Eugenio Patanè ha vinto la sua scommessa.
Mister Considine è uno scrittore. Nel salotto di casa sua, elegantemente vestito, con il bicchiere del cocktail in mano ha in mente un romanzo incentrato sull’occultismo. Ma conosce poco la materia e per documentarsi organizza una seduta spiritica cui partecipano, oltre a lui, la sua seconda moglie Ruth e la coppia di amici formata dai coniugi Bradman. L’esperimento è condotto da una svitata Madame Arcati, che evoca lo spirito di una bambina dispettosa, la quale, a sua volta, ne convoca un altro: quello di Elvira, la prima moglie di Considine morta sette anni prima. E cominciano i guai. Madame Arcati non sa come rimandare indietro lo spirito che, ormai installato in casa, non dà pace all’ex marito, l’unico in grado di vederlo e sentirlo; sposta gli oggetti a piacimento e ne combina di cotte e di crude a Ruth, che per temperamento è il suo esatto contrario. La rivalità con Ruth fa sì che Elvira cominci ad accarezzare il progetto di riprendersi l’amato Charles e di tenerselo.

Come?

Gli manomette i freni dell’automobile e aspetta. Ma quella mattina chi sale in macchina non è Charles, è Ruth, e così i fantasmi sono diventati due. Comincia l’inferno in terra in casa Considine. Per Charles, se vuole salvare almeno i nervi, l’unica alternativa possibile è cambiare domicilio con tanti saluti «à tout le monde».

Spirito allegro è del 1940. Nella sua autobiografia Noël Coward racconta di averla composta in soli sei giorni durante una vacanza nel Galles e non c’è motivo di non credergli. Il successo della commedia fu epocale, sebbene il debutto nel West End non fosse stato entusiasmante. Era il 1941, anno di guerra, e a molti sembrò di cattivo gusto parlare di morti e di fantasmi. Ma i trapassati di Coward erano così travolgenti che, dai e dai, ebbero la meglio sulle mutrie. Risultato: 1997 recite filate. Un record.

E si capisce perché. Il meccanismo della commedia è molto ben congegnato, l’argomento spiritosamente interessante ed originale, i personaggi simpatici e le battute accattivanti. Tuttavia, portare in scena e interpretare Spirito allegro è come camminare su un tappeto di uova: bisogna stare attenti a non andare oltre le righe. Perciò non ci si può non complimentare con il regista Eugenio Patanè che, con una ben assortita compagnia di attori capitanata da un sorprendente Giuseppe Cultrera, assicura quella qualità di espressione e quella adeguata leggerezza di passo che sono gli ingredienti fondamentali di ogni successo comico.

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