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Colpo al clan Santapaola: quattordici arresti - Nomi e foto

Coinvolto il padre del ragazzo cui fu rivolto l'"inchino" di Santa Barbara

CATANIA. Duro colpo inflitto al clan dell’Assassinata braccio destro a Paternò del clan catanese dei Santapaola. Cento carabinieri all’alba hanno dato esecuzione ad un provvedimento restrittivo emesso dal gip etneo su richiesta della Dia nei confronti di 14 persone per i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione e traffico di droga.

L’operazione è stata denominata “The end”. L’indagine ha permesso di ricostruire le dinamiche criminali del clan. In particole sono state ricostruite le modalità di gestione dei proventi illeciti, la struttura della "famiglia" e il ruolo dei suoi affiliati, definirne la struttura, le posizioni di vertice e i ruoli degli affiliati. Gli inquirenti hanno stabilito il volume degli affari illegali nel settore delle estorsioni ai danni di imprenditori edili e di commercianti di Paternò.

Tra le persone arrestate c’è anche il padre del ragazzo al quale il 3 dicembre 2015, durante i festeggiamenti di Santa Barbara, alcuni portatori dei cerei votivi fecero “l’inchino reverenziale”.

 

LE INDAGINI. Hanno preso il via da un tentativo di estorsione, denunciato dalla vittima, le indagini dei carabinieri di Paternò che hanno portato al blitz 'The end' contro il clan Assinnata. Il ritrovamento di una tanica di benzina con accanto un accendino in un cantiere ha fatto scattare l'inchiesta culminata con l'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 14 presunti appartenenti al gruppo mafioso storicamente nato da una costola del clan Alleruzzo e legato alla 'famiglia' Santapaola.

Tra i destinatari dell'ordinanza anche il boss Salvatore Assinnata, 43 anni, detenuto, considerato il capo assoluto dell'omonimo clan. Era per lui l''inchino' fatto davanti la sua abitazione, nonostante fosse già in carcere, il 2 dicembre del 2015, da due cerei che sfilavano in onore della Patrona di Paternò, Santa Barbara.

L''omaggio' fu filmato dai carabinieri e il questore di Catania, Marcello Cardona, dispose il fermo dei due cerei il giorno dopo per tutta la durata dei festeggiamenti. Il condizionamento e la forte influenza esercitata dal boss Assinnata sui suoi affiliati emergono chiari da intercettazioni agli atti dell'inchiesta della Procura di Catania: "...iddu è il top dei top... iddu cumanna, è u capu.. io sugnu suddatu" (lui è comanda, è il capo... io sono un soldato). Con la consapevolezza di fare parte di un clan: "io sugnu mafiusu... ca mattaccunu.. iu mi fazzu a galera mutu mutu..." (io sono mafioso, e se mi arrestano mi faccio la galera, zitto zitto...).

Le indagini hanno fatto luce su quattro estorsioni, una a un commerciate e tre a imprenditori edili. Ma il grande business era la droga, gestito anche con rapporti con altri clan mafiosi di Catania. Il clan gestiva due 'piazze' a Paternò, ma effettuava anche la consegna a domicilio: motorini con pusher erano sempre pronti per cedere dosi a clienti in auto in altre zone. I soldi degli affari illeciti finivano nella 'cassa comune', che serviva a pagare anche 'stipendi' alle famiglie degli arrestati, in un clan con un'organizzazione strettamente verticistica. Tanto che quando un luogotenente sa che sta per essere arrestato perché condannato dice al suo sottoposto: "ti passo il testimone, ora devi lavorare al posto mio".

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