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Bancarotta, arrestato l’ex assessore De Felice

Il provvedimento per il fallimento del corpo di vigilanza “La Celere”. Indagata anche la moglie. La guardia di finanza ha sequestrato quote di immobili della famiglia

CATANIA. L'imprenditore Mario De Felice, ex assessore al comune di Catania con la Giunta Scapagnini, è stato arrestato per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale per il fallimento del corpo di vigilanza “La Celere”. Un provvedimento agli arresti domiciliari è stato eseguito anche per la moglie, Giovanna Genovese. La GdF ha sequestrato quote di immobili di proprietà delle figlie dei De Felice e della stessa La Celere.       
Il fallimento della società risale al 20 novembre del 2009 a fronte di uno stato di insolvenza per oltre 11 milioni di euro. I provvedimenti cautelari, emessi dal Gip su richiesta della Procura, sono stati eseguiti dal nucleo . nucleo polizia tributaria di Catania. Militari delle Fiamme gialle hanno sequestrato quote di immobili di proprietà delle figlie dei De Felice e dell'azienda “2858”, che sarebbe nata dalla 'ceneri della Celere, la cui gestione e' ora affidata ad un amministratore giudiziario.    
Le indagini erano state avviare da denunce del collegio sindacale e di alcuni lavoratori de “La Celere”. Dagli accertamenti è emerso che l'imprenditore, dal 2005, avrebbe trasferito ingenti risorse economiche e beni aziendali dal patrimonio della società a quello di congiunti. La condotta, ritiene la Procura, è stata attuata per oltre quattro anni, anche dopo il fallimento della società. Da indagini bancarie è emerso che Mario De Felice ha utilizzato somme sottratte dalle casse dell'azienda per acquistare due immobili in S. Agata Li Battiati intestati a moglie e figlie. La Celere risulta avere finanziato per oltre 2.500.000 euro l'acquisto da parte di altra società, sempre riferibile a De Felice, di una motonave per attività turistiche, senza alcun beneficio o vantaggio per la azienda di vigilanza.    
De Felice  è accusato di avere svuotato la Celere costituendo la “2858” per "sottrarre risorse ai creditori e di alimentare i profitti personali della sua famiglia". Secondo la Procura, inoltre la Celere avrebbe operato sul mercato alterando gravemente le regole della libera concorrenza, con ricadute in danno anche degli altri operatori economici del settore.

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