Catania

Venerdì 29 Novembre 2024

Catania, delitto Ilardo: individuati mandanti e sicari

CATANIA. In via Quintino Sella, a pochi passi da viale Libertà, il 10 maggio ’96 finì ancor prima di iniziare la ”carriera” di Luigi Ilardo da collaboratore di giustizia. Non era ancora stato ufficialmente inserito nel programma di protezione dei «pentiti», ma già da tempo era un confidente delle forze dell’ordine. E Cosa Nostra lo sapeva. Per questo, i «santapaoliani» ammazzarono Ilardo. Mandante nisseno, però. Stando alle accuse di Procura distrettuale di Catania e Squadra mobile, infatti, l’omicidio fu ordinato dal cugino della vittima. Un parente davvero ”di peso”: il boss Giuseppe «Piddu» Madonia. Ieri, il sessantasettenne capo di Cosa Nostra ha ricevuto nel carcere de L’Aquila, dov’è detenuto in regime carcerario duro, un ordine di custodia per omicidio. Stessa accusa per il presunto killer Orazio Cocimano, 49 anni, di Catania, recluso a Frosinone, e per Maurizio Zuccaro, 52 anni, anche lui catanese, indicato come «organizzatore dell’agguato». A Zuccaro il provvedimento giudiziario è stato recapitato in cella nella casa circondariale di «Opera» a Milano. Sarebbero stati almeno cinque, comunque, i componenti del commando di via Sella: «Due sicari, però, sono intanto morti perchè anche loro assassinati — hanno precisato gli inquirenti — mentre Santo La Causa è ora collaboratore a sua volta. Lui, peraltro, è risultato decisivo con le sue dichiarazioni per dare riscontro al racconto già fatto da un altro collaborante, Eugenio Sturiale, che è stato pure testimone oculare di quel delitto in quanto vicino di casa di Ilardo». Respinta, invece, dal giudice delle ordinanze preliminari la richiesta di ordinanza per Vincenzo Santapaola, nipote di Nitto. Contro questa decisione, comunque, hanno già presentato appello i pm: «Fu Vincenzo Santapaola a fare da tramite tra nisseni e catanesi», ha affermato il procuratore capo Giovanni Salvi. Salvi ha anche ammesso che «esiste ancora una zona d’ombra». L’inchiesta, infatti, è ancora aperta alla ricerca di chi abbia «soffiato» ai boss che Luigi Ilardo faceva il doppio gioco: «Che si tratti di leggerezze o di vera e propria complicità, non lo sappiamo. Ma ci stiamo lavorando». Gli investigatori hanno altresì sottolineato che «nell’organizzazione erano nati sospetti su Ilardo per alcuni arresti effettuati a Catania e Caltanissetta». La spedizione punitiva scattò quando i «sospetti», inizialmente considerati «tragedie» dallo stesso Madonia, divennero certezza. Davvero eclatante, comunque, quel delitto di 17 anni fa tant’è che è stato ampiamente citato pure nelle carte del processo al generale Mori, attualmente in corso a Palermo. Il capo della Dda di Catania, comunque, ha escluso «implicazioni tra l’inchiesta catanese e il processo Mori» e, poi, ha precisato: «Magari qualcuno — ha esclamato Giovanni Salvi — parlerà di giustizia a orologeria, ma i tempi sono questi. Tra il 2010 e il 2012, dopo la descrizione precisa e circostanziata fatta da Sturiale, abbiamo raccolto il racconto di La Causa che ci ha consentito di arrivare alla richiesta di provvedimenti cautelari». Non solo Sturiale e La Causa, però, sono citati nel dossier della Squadra mobile e della Procura che contiene pure le dichiarazioni dei collaboratori catanesi Natale Di Raimondo e Giacomo Cosenza, dei nisseni Calogero Pulci, Ciro Vara, Carmelo Barbieri. E di due «nomi noti» della mafia palermitana: Giovanni Brusca e Antonino Giuffrè.

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