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Buco di bilancio, difesa dei politici: «Non hanno alcuna colpa»

CATANIA. Si sarebbero limitati ad approvare gli atti predisposti dagli uffici competenti e, pertanto, vanno assolti. Ieri al processo sul "buco di bilancio" al Comune di Catania, sono iniziate le arringhe della difesa degli assessori impuati, i quali ricoprirono l’incarico dal 2005 e 2006, approvando i bilanci dell'ente. Insieme a loro, sul banco degli imputati, siede anche l'ex ragioniere generale di Palazzo degli Elefanti, Vincenzo Castorina.
Anche l’ex sindaco Umberto Scapagnini figura ancora come imputato nel processo, per il quale il professor Guido Ziccone e l'avvocato Carmen Scalisi hanno ribadito ai giudici della Corte d’appello il diritto alla difesa dell'ex primo cittadino. Carmen Scalisi ha fatto presente come qualsiasi atto voluto dal suo assistito mirava ad evitare il dissesto che, per la città, avrebbe prodotto la riduzione dei servizi essenziali, l'innalzamento dei tributi, il licenziamento o la mobilità per il personale. Prima di concludere, il legale ha citato le parole di Scapagnini: "È vero, io ho cercato di evitare il dissesto, che avrebbe apportato gravi danni alla collettività e alla mia immagine ma certamente non ero disposto a commettere illeciti per evitare tale dichiarazione". Per lui, la penalista ha chiesto l'assoluzione con la formula ampia, perché il fatto non costituisce reato.
Hanno ribadito la tesi dell'atto tecnico, preparato dagli uffici del Comune, vagliato pure dal Collegio dei revisori dei conti, gli altri legali intervenuti. Per l'avvocato Sergio Chiarenza, che assiste l'ex assessore al Bilancio, Francesco Caruso, l'operato di quell'amministrazione era rivolto a risanare il buco, così come indicato da Castorina "che non si è pentito di quella scelta. Bisognerebbe, dunque, premiare chi ha evitato il dissesto". Ripercorre, invece, gli atti che hanno portato all'approvazione delle delibere incriminate l'avvocato Pietro Nicola Granata, difensore di Giuseppe Arena. Granata ha evidenziato la presenza di una determina dirigenziale con la quale, nell'agosto 2005, erano stati rivisti i residui. "Un atto di estrema complessità - ha detto il penalista - nel silenzio totale. La Giunta si è limitata a prenderne atto. Nessuno, poi, aveva fatto notare che la vendita degli immobili non era possibile".

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