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Agrumicoltura a Catania, salta l’intesa «Dichiarare lo stato di crisi»

CATANIA. Agrumicoltura, verso lo stato di crisi. E’ fallito infatti il tavolo svoltosi ieri, all’Ispettorato agrario di Catania fra produttori e industriali e convocato da Coldiretti. Obiettivo dell’incontro, che aveva avuto un primo step lunedì scorso, era quello di trovare un accordo di filiera – possibilmente triennale - che potesse garantire le imprese agricole. Sinora, infatti, il prezzo pagato dalle aziende di trasformazione per le arance destinate a succo è bassissimo (10 centesimi/kg su cui i costi di raccolta incidono tra 6 e 9 centesimi) e di fatto i produttori con un margine di guadagno bassissimo (addirittura 1 centesimo) ci rimettono quando non rinunciano del tutto lasciando marcire i frutti sull’albero. In realtà una proposta dal fronte degli industriali era arrivata da parte di Imbesi (Agrumigel) che già lunedì aveva proposto di portare a 15 centesimi il prezzo. Ma i suoi colleghi avevano temporeggiato e chiesto tempo per trovare un accordo condiviso. Che non è arrivato. Giovanni Pappalardo (Coldiretti Catania): “Prendiamo atto che, tranne tre o quattro aziende disponibili ad accettare la proposta di Imbesi, la maggioranza degli industriali ha preferito rimandare il problema alla prossima campagna agrumicola”. Più dura da Palermo la replica di Alessandro Chiarelli e Giuseppe Campione, presidente e direttore Coldiretti Sicilia, che dicono: “Diciamolo chiaramente: nella nostra regione si mangiano arance e si bevono succhi che di siciliano non hanno niente, visto che ai nostri agrumi si preferiscono quelli, non tracciati, che arrivano dall’altra parte del mondo. In tutto il mondo si provano gli effetti salutari delle arance siciliane e noi che le abbiamo le lasciamo marcire sugli alberi”. Dinanzi a una produzione così deprezzata Coldiretti ha chiesto la dichiarazione dello stato di crisi al presidente Rosario Crocetta e all’assessore Dario Cartabellotta “Perché – spiegano - sulla crisi del comparto pesano gli accordi internazionali che hanno determinato l’entrata del prodotto estero con effetti devastanti per le nostre campagne”.

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