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Mafia, sequestrati beni a Catania: nel mirino il clan Nardo

CATANIA. Beni immobili per un valore complessivo di 500.000 euro riconducibili a Salvatore Navanteri, ritenuto elemento di spicco del clan Nardo (confederato al clan Santapaola) sono stati sequestrati dalla Direzione investigativa antimafia di Catania, che ha eseguito un decreto emesso dalla sezione penale del Tribunale di Siracusa.    
Il sequestro é stato eseguito, su proposta del direttore della Dia Arturo De Felice, nel territori di Vizzini (Catania), Francofonte (Siracusa) e Teglio (Sondrio). Dagli accertamenti è emerso che il patrimonio è di provenienza illecita per la palese differenza tra i redditi dichiarati da Navanteri e le risorse utilizzate per gli investimenti effettuati nel corso degli anni.


Salvatore Navanteri, 59 anni, di Vizzini, ma domiciliato a Francofonte (Siracusa), è figlio di Giovanni, ritenuto dagli investigatori a capo di un sodalizio criminale che negli anni '80 entrò con quello capeggiato da Giovanni Caruso in un contrasto da cui scaturì una faida, nel corso della quale furono commessi numerosi omicidi, tra cui quelli dei fratelli dello stesso Navanteri, che fu arrestato nel gennaio dello scorso anno perchè ritenuto responsabile, insieme con altre persone, di detenzione e spaccio di cocaina e sottoposto dal tribunale di Siracusa alla sorveglianza speciale, per due anni, senza obbligo di soggiorno.   
Nel settembre successivo fu nuovamente arrestato nell'ambito dell'operazione denominata «Ciclope» insieme con la moglie, Luisa Regazzoli, e altri presunti esponenti del clan Nardo di Lentini con l'accusa di associazione mafiosa finalizzata alla detenzione illegale di armi. In quella occasione le indagini, coordinate della Procura della Repubblica di Catania, permisero di accertare che nel territorio di Vizzini e Francofonte operava un gruppo criminale con evidenti connotazioni mafiose che aveva il suo vertice in Navanteri e che l'uomo, una volta tornato in libertà, si era impossessato del territorio dei due comuni sottraendola a Michele D'Avola, detto «Cuccarino», già capo riconosciuto del clan, che era stato arrestato alla fine del 2012 nell'ambito dell'operazione «Black Out» per associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga.   
Tutto ciò avrebbe determinato una profonda spaccatura all'interno del gruppo originario di D'Avola tra coloro che gli erano rimasti fedeli e quelli che invece riconoscevano la nuova leadership di Navanteri. Nell'ambito di questo contrasto sarebbe avvenuto l'agguato del quale Navanteri fu vittima, nell'agosto dello scorso anno, a Francofonte, quando fu raggiunto da alcuni colpi di arma da fuoco insieme con un suo collaboratore, Robert Emilian Mocanu.

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