CATANIA. Confisca dei beni, per diverse centinaia di milioni di euro, già sequestrati il 15 maggio del 2013 da militari del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Catania e altri riconducibili all'imprenditore Sebastiano Scuto. E' la richiesta della Procura generale ai giudici di misure di prevenzione di secondo grado nei confronti del 're dei supermercati' in Sicilia condannato, il 18 aprile 2013, a 12 anni di reclusione dalla Corte d'appello per associazione mafiosa.
La prossima udienza del processo per la misura di prevenzione davanti la Corte d'appello è prevista il 25 giugno, con l'intervento del collegio di difesa dell'imprenditore e dei suoi familiari. Il 4 giugno, invece, è prevista la decisione della Cassazione sul ricorso presentato dai legali di Scuto contro la condanna a 12 anni per associazione mafiosa.
Il sequestro preventivo è stato eseguito il 15 maggio del 2013 dalla guardia di finanza in esecuzione di un provvedimento dalla prima sezione penale della Corte d'appello su richiesta del Procuratore generale di Catania, Giovanni Tinebra. Sigilli sono stati posti a beni per i quali era stata disposta la confisca con la sentenza di secondo grado all'imprenditore. La sentenza non è definitiva, e per questo è stato disposto il sequestro preventivo e non la confisca in sede di sentenza penale.
La Corte d'appello di Catania, il 18 aprile del 2013, aveva ribaltato, in parte, la sentenza di primo grado, emessa il 16 aprile del 2010 dalla seconda sezione penale del Tribunale di Catania, che aveva assolto Scuto dall'accusa di avere gestito a Palermo centri commerciali in comune con i boss Bernardo Provenzano e i fratelli Lo Piccolo e dissequestrato tutti i beni dell'imprenditore, confiscandone ''una quota ideale del 15%''. I giudici di secondo grado lo hanno infatti riconosciuto colpevole di collegamenti con la mafia palermitana e disposto la confisca di tutti beni, nella misura in cui era stata decisa dal Gip in sede d'inchiesta.
Il 18 giugno del 2013 il Tribunale del riesame di Catania ha annullato una parte del provvedimento del sequestro di beni riconducibili all'imprenditore Sebastiano Scuto. Riguardavano anche le quote di due società 'minori' che sarebbero entrate a fare parte del patrimonio familiare senza essere oggetto di indagini. La difesa di Scuto ha sempre sostenuto che il 're dei supermercati' in Sicilia avrebbe agito da "vittima di estorsioni da parte delle mafia" e che "pagava il clan per evitare
ritorsioni personali".
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