ROMA. Conto alla rovescia per il check-up dell'Etna: in giugno e luglio almeno 60 ricercatori di sette Paesi e 100 nuove stazioni simiche, che si aggiungeranno alle 70 già attive, raccoglieranno dati preziosi per comprendere meglio sia il comportamento del vulcano sia le faglie che si trovano nella zona circostante, dalla bassa Calabria alle Eolie.
Il progetto, chiamato «Tomo-Etna» segue di 30 anni l'ultima ricerca a tappeto fatta sul vulcano ed è coordinato dalla sezione di Catania dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). È realizzato nell'ambito dei progetti europei Mediterranean supersite Volcanoes (Medsuv) ed Eurofleets 2, entrambi parte del Settimo programma quadro. Accanto all'Italia partecipano a Tomo-Etna Spagna, Germania, Russia, Stati Uniti, Irlanda e Messico. Saranno in campo anche 25 sensori installati sul fondo marino sia al largo di Catania sia nel basso Tirreno, fra Vulcano e il golfo di Patti. E poi la nave oceanografica spagnola 'Sarmiento de Gamboà, la nave greca 'Aegeà e unità navali della Marina Militare Italiana. «Oggi abbiamo a disposizione tecnologie completamente nuove, che permetteranno di avere una conoscenza più completa della struttura interna dell'Etna», ha detto Domenico Patanè, dirigente di ricerca della sezione di Catania dell'Ingv. «L'obiettivo del progetto - ha aggiunto - è studiare la struttura della crosta al di sotto dell'Etna e delle aree circostanti, in altre parole le radici del vulcano». Si cercheranno inoltre «indizi sulla camera magmatica che si trova alla profondità di 13-15 chilometri e della quale non è ancora nota nel dettaglio la geometria». I nuovi dati, ha concluso Patanè, permetteranno di «avere a disposizione più elementi per mitigare il rischio sismico e vulcanico nella Sicilia orientale».
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