CATANIA. «Questa città nell'agosto dell'anno scorso vide l'orrore di sei giovani vite spezzate nel tentativo di raggiungere una terra in grado di sfamarli. La Sicilia non è in grado di farlo; ma lo è l'Europa, di cui l' Isola è l'ultima frontiera, l'Europa dell'assordante silenzio di fronte a questa colossale catastrofe umanitaria che si annuncia, con oltre 800 mila persone sulla costa africana pronte a cercare di attraversare il Mediterraneo». Così il sindaco di Catania, Enzo Bianco, ha aperto la cerimonia funebre multireligiosa delle 17 vittime - 12 donne, 3 uomini e 2 bambine - del naufragio avvenuto nel Canale di Sicilia il 12 maggio scorso. Tra essi nigeriani,siriani ed eritrei. Le vittime saranno sepolte nel cimitero etneo.
Il rito si è svolto nella corte del Palazzo della Cultura alla presenza dell'arcivescovo metropolita di Catania, monsignor Salvatore Gristina, del presidente della comunità islamica di Sicilia ed Imam di Catania, Keith Abdelhafid, e di rappresentanti religiosi della comunità copta.
«Noi speriamo - ha aggiunto Bianco - che la Sicilia possa diventare davvero la chiave della soluzione di questo angoscioso problema capace di mandare in crisi la coscienza stessa
dell'Europa, che davanti a questa bare deve scegliere, e deve farlo oggi, se seppellire con loro anche la nostra coscienza di uomini civilizzati».
«Dobbiamo andare - ha osservato il vescovo Gristina - alla radice profonda dei nostri gesti, della nostra umanità. Nel silenzio ci siamo aperti a questo colloquio con Dio, a cui chiediamo di accoglie queste vittime e di aiutarci ad esse sempre più fratelli».
«I morti nel mare - ha detto l'Imam - sono una spina nel cuore. È giunto il momento di assistere a un funerale dignitoso per queste persone che non hanno trovato dignità da vivi».
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