CATANIA. Roberto Calì è morto durante la processione per la festa di Sant’Agata e la Corte d’Appello ha ora sbloccato il risarcimento. Per i giudici non è dimostrata l’impossibilità per la Chiesa di svolgere attività caritatevole.
È stato sbloccato così il risarcimento danni, per una somma complessiva di oltre 900 mila euro, nei confronti dei genitori, della moglie e dei figli del devoto Roberto Calì, rimasto ferito dal fercolo di Sant’Agata durante la salita di Sangiuliano nel corso della festa religiosa del 2004 e poi morto per le gravi conseguenze dell’incidente.
A pagare, in solido, dovranno essere il Comitato per i festeggiamenti agatini, l’Arciodicesi di Catania e il ministero dell’Interno. Lo ha deciso la Corte d’Appello di Catania che ha revocato il provvedimento cautelare presidenziale che aveva congelato il risarcimento ritenendo che «il blocco del patrimonio della Chiesa e delle risorse monetarie comporterebbe l'impossibilità di assolvere alle attività caritatevoli in favore di migliaia di cittadini che giornalmente vengono assistiti».
Secondo la Corte, presieduta da Dorotea Quartararo, la valutazione cautelare è «assai generica», e le difficoltà dell’Arcidiocesi, «ipotizzate e non provate», scrivono i giudici, sono «peraltro ampiamente ridimensionate dal pagamento» da parte della Reale Mutua dell’intero massimale, fissato in 520mila euro. L'indennizzo era stato riconosciuto malgrado nel processo penale fossero state archiviate tutte le posizioni eccetto quella del «capovara» Alfio Rao, condannato in via definitiva dalla Cassazione a 4 mesi di reclusione.
Calì, ventiduenne disoccupato, sposato e padre di due figli, morì il 7 febbraio per conseguenza di una vasta emorragia epatica causata dalla calca attorno al fercolo della patrona di Catania sulla salita di Sangiuliano.
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