Catania

Venerdì 22 Novembre 2024

Antitrust, Pitruzzella indagato per corruzione. Il legale: sua condotta lecita

CATANIA. Il presidente dell'Antitrust, l'avvocato e docente Giovanni Pitruzzella, indagato a Catania con altre tre persone per corruzione in atti giudiziari nell'ambito di un'inchiesta su un lodo arbitrale tra l'Università del capoluogo etneo e quella della Kore di Enna. Per l'inchiesta, nata nel 2008, la Procura di Catania avrebbe sollecitato per due volte l'archiviazione del fascicolo, ma il presidente dell'ufficio del Gip Nunzio Sarpietro ha rigettato entrambe le richieste, disponendo anche il cambio di reato da contestare: da abuso d'ufficio a corruzione in atti giudiziari e fissando un'udienza camerale per il prossimo 4 dicembre. Al centro dell'inchiesta un contenzioso tra l' Università Kore di Enna e l' Ateneo di Catania. Quest' ultimo, che sosteneva di vantare un credito di 25 milioni di euro, fece ricorso a un lodo arbitrale: il collegio arbitrale deliberò a maggioranza un risarcimento simbolico di 100 mila euro. A votare a favore furono Pitruzzella, arbitro scelto dalla Kore, e il presidente del collegio, l' allora avvocato dello Stato Giuseppe Di Gesu. Contro votò il terzo arbitro scelto dall' Università di Catania, Giuseppe Barone. Qualche tempo dopo alla Procura di Catania arrivò un esposto anonimo nel quale si segnalava che la Kore di Enna aveva dato alla figlia di Di Gesu un importante incarico come docente. La Procura chiese l'archiviazione, ma il presidente dei Gip Sarpietro rimandò il fascicolo ai Pm con l' indicazione di procedere non per abuso d' ufficio ma per corruzione in atti giudiziari nei confronti di quattro persone: Di Gesu, Pitruzzella, l'allora presidente del Consorzio ennese universitario Giuseppe Petralia e Carlo Comandè, il legale che nel lodo arbitrale rappresentava la Kore. "L'indagine della Procura di Catania ha per oggetto fatti compiutamente realizzatisi quasi otto anni orsono. Per la terza volta il Pm chiede l'emissione del decreto di archiviazione. Con fiducia attendiamo le valutazioni del Gip, al quale forniremo ogni ulteriore elemento che possa certificare l'assoluta liceità della condotta del professor Pitruzzella che la stessa indagine non ha mai messo in discussione".E' quanto dichiara, in merito alla notizia di Pitruzzella indagato a Catania, l'avvocato Nino Caleca, difensore del presidente Antitrust. "Sono sicuro, infine - precisa il legale del presidente dell'Antitrust - che al termine della preliminare verifica giurisdizionale non potranno che essere condivise le conclusioni del Pm. Si precisa, inoltre - conclude - che a suo tempo il lodo arbitrale in questione è stato approvato all'unanimità dai tre componenti del Collegio ed è stato confermato sia dalla relazione tecnica del Ministero della Pubblica Istruzione sia dalla Corte d'Appello di Catania". IL PM: "ELEMENTI NON SUFFICIENTI A SOSTENERE ACCUSA" - "Gli elementi di indagine non sono sufficienti a sostenere l'accusa in giudizio": "il materiale probatorio è allo stato lacunoso e non integrabile in quanto, stante il tempo trascorso, eventuali ulteriori indagini non sarebbero proficue". E' quanto scrive il pm Valentina Grosso nell'ultima istanza di archiviazione datata 11 novembre 2015, inoltrata al gip di Catania in merito all'indagine legata a un lodo arbitrale che coinvolge anche il presidente dell'Antitrust Giovanni Pitruzzella. La richiesta fa riferimento all'ipotesi di reato di corruzione in atti giudiziari, contestato in un secondo momento. L'inchiesta, infatti, nasce nel 2008 e in prima battuta era stato ipotizzato l'abuso d'ufficio, rispetto al quale il pm aveva già chiesto due volte l'archiviazione, respinta dal gip che ha riformulato il reato ascritto. Nell'istanza dell'11 novembre scorso, il pm ripercorre brevemente anche la situazione relativa alla prima contestazione: "Benché il conflitto di interessi in cui si è venuto a trovare l'arbitro Di Gesu lo avrebbe dovuto indurre ad astenersi o comunque a segnalare tale circostanza - si legge nell'atto - tale condotta, in assenza di ulteriori elementi di indagine, non prova la sussistenza del reato di cui all'articolo 323 codice penale", l'abuso d'ufficio, appunto, "che comunque - come indicato nella precedente richiesta di archiviazione", del maggio 2015, "è estinto per intervenuta prescrizione". Ma anche "diversamente qualificando i fatti in termini di corruzione in atti giudiziari - scrive il pm - non pare potersi addivenire a una diversa determinazione". Su questa terza richiesta di archiviazione è fissata un'udienza camerale il 4 dicembre.

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