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Catania, morì cadendo da un ponteggio: in cinque sotto processo

A giudizio marito e moglie titolari dell’azienda, un tecnico e i proprietari committenti

CATANIA. Per la morte del muratore venticinquenne Orazio Savoca, avvenuta l’8 agosto 2012 in seguito alla caduta da un ponteggio allestito per il rifacimento della facciata di uno stabile a Catania, il gup Giuliana Sammartino ha rinviato a giudizio cinque persone. Sono, Bruno Borghi e la moglie Piera Ninfa, titolari della ditta che stava eseguendo i lavori, Giorgio Gugliotta, coordinatore della sicurezza, Francesco Buscema e Marta Bosco, proprietari e committenti dell’intervento di ristrutturazione. Un caso di omicidio colposo, per inosservanza della normativa sulla sicurezza nei cantieri, che ha gettato nello sconforto i familiari della vittima e in particolare modo la giovane moglie che con i figli non si rassegnano a non vedere più il marito, il papà fare ritorno da quella giornata di lavoro. A ricostruire, in aula, la scena sono stati gli avvocati di parte civile.

«Si è trattato di un incidente – ha detto l’avvocato Francesco Ciancio Paratore – avvenuto in violazione di tutte le norme di legge e di sicurezza. La responsabilità ricade su tutti. Non è credibile la versione secondo cui Orazio Savoca si è recato sul luogo per lavorare gratuitamente e salito sull’impalcatura di propria volontà». Ed è proprio la struttura, il ponteggio allestito ad attirare l’attenzione. «Erano dei lavori – continua – di demolizione e ricostruzione di un immobile la cui altezza è di 15 metri.

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