Catania

Sabato 23 Novembre 2024

Il retroscena dell'operazione Pandora: scandalo portò a un suicidio

CATANIA. I pm Giuseppe Gennaro e Alessandro La Rosa hanno chiesto il rinvio a giudizio per Maria Antonietta Adinolfi, Valentina Alù, Giovanni Andreis, Salvatore Arcifa, Giuseppe Bartolotta, Concetta e Francesco Cavallaro, Filippa Colombino, Fernanda D'Amore, Enrico Di Dio, Domenico Di Franca, Francesca Giardina, Giovanni Giusto, Biagio e Salvatore La Fata, Domenico La Porta, Giuseppe la Spina, Antonino Leonardi, Angela Maria Lombardo sorella Raffaele Lombardo ex presidente della regione Sicilia, Antonino e Massimo Messina, Manuela Nociforo, Francesca Padella, Giacomo Piluso, Stefano Porto, Marcello Pulvirenti, Alessandro, Domenico e Giuseppe Saffo, Rosa Maria Trovato, Pietro Vinci ed Eleonora Viscuso. Tutti sono rimasti coinvolti nell'opera Pandora sulla formazione professionale. Le contestazioni, a vario titolo, di cui sono chiamati a rispondere sono di associazione a delinquere, peculato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Intanto ieri davanti al gup Maria Paola Cosentino, Rosa Maria Trovato ha voluto chiarire la sua posizione. "Mi occupavo di rendicontazione - ha dichiarato - solo saltuariamente e sugli aspetti formali in seguito ad incarichi che mi sono stati conferiti tra il 2004 e il 2011. La mia attività principale è quella della formazione. Mia figlia Marika ha lavorato nello stesso Ente ma poi ha lasciato. Mio figlio Edoardo ha lavorato 3 mesi presso il lido Le Palme; non aveva la patente perché ancora 17enne e lo accompagnavamo. Alle 16 lo andavo a prendere ma aspettavo fuori. Quando sono stata chiamata dal mio direttore perché la Guardia di Finanza voleva avere dei chiarimenti, io ero in ferie. Sapevamo di attività di indagini in altri Istituti. Mi chiedevo cosa cercassero. Mio marito per questa vicenda si è suicidato; non ha retto quando ci hanno chiamati corrotti. Io non ho chissà quali beni. Ho un appartamento e una villetta a schiera per la quale pago il mutuo".

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