CATANIA. «Triton, a differenza di Mare Nostrum, non consente di avviare le indagini sulle navi della Marina Militare al momento in cui vengono fatti salire i naufraghi, e questo rallenta e complica ulteriormente il lavoro di indagine allorquando i naufraghi vengono fatti sbarcare e destinati alle varie località, senza una organizzazione, senza una efficace pre-selezione, senza una attività di indagine che sia già in funzione». Così, ai microfoni di «Voci del mattino», su Radio 1, il procuratore capo di Catania, Giovanni Salvi. «A questo si aggiunga che ora le rotte sono modificate, non provengono più dall'Egitto e dalla Turchia ma dalla Libia, e la confusa realtà politica di quel Paese non consente alcun tipo di cooperazione - puntualizza -. In altri termini, Mare Nostrum ci consentiva di operare sul fronte delle indagini in modo più semplice e più fattivo di quanto non ci permetta adesso Triton. Per quanto riguarda gli scafisti - aggiunge - noi li abbiamo sempre ritenuti il primo gradino per arrivare ai capi, agli organizzatori; a noi interessano loro, interessa sradicare la struttura di queste organizzazioni criminali. Lo scafista è l'anello debole, l'ultima ruota, certamente indispensabile, certamente da punire, ma non certo l'obiettivo primario delle nostre indagini». A proposito delle organizzazioni che gestiscono gli sbarchi, Salvi dice: «Noi abbiamo già individuato e perseguito tre diverse organizzazioni, due egiziane e una somala, eseguito diverse misure cautelari, tre delle quali in Egitto, una persona in attesa di estradizione e due latitanti. Riteniamo siano essi i capi delle due principali organizzazioni. Per quanto riguarda possibili collegamenti con organizzazioni analoghe italiane, questi intrecci allo stato non sono mai emersi».