CATANIA. La sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia della Corte dei Conti ha assolto, disponendo il «non luogo a procedere», i 44 consiglieri della Provincia di Catania, in carica nel 2011 e nel 2012, che erano indagati per presunte irregolarità in rimborsi in missioni e acquisti per complessivi 486 mila euro. I giudici, con la sentenza numero 395 del 2015, hanno anche condannato l'Ente a pagare le spese legali sostenute dai consiglieri. Per la Corte dei conti «non può ritenersi raggiunto» un avanzato «livello di definizione di fattispecie della responsabilità amministrativa». I giudici sottolineano come «l'apprezzamento dell'elemento soggettivo può utilmente essere compiuto soltanto quando sia positivamente accertata la sussistenza di una condotta causativa di un danno erariale», che nel caso in questione, rileva la Corte dei conti, «però, non ricorre». Anche perchè, si legge nella sentenza, «appare indubbia la riconducibilità delle condotte contestate ad una tipica attività predicabile come discrezionale». «La mancanza di un indispensabile requisito della fattispecie della responsabilità amministrativa - chiosano i giudici nel disporre il 'non luogo a procedere' - rende superfluo ogni altro approfondimento». La procura della Corte dei Conti era stata molto chiara nelle richieste di condanne per i consiglieri provinciale. I magistrati contabili avevano chiesto il pagamento di 427 mila euro per le spese sostenute dai consiglieri provinciali che non sarebbero state considerate finalizzate al raggiungimento degli scopi istituzionali dell'ente. Nella sentenza che assolve i consiglieri i giudici hanno ritenuto le tesi dell'accusa «fondate su suggestioni orientate dalle diverse sensibilità e opinioni che ciascuno può avere sul tema dei costi della politica. In altri termini, occorre rifuggire dalla logica, facilmente coinvolgente, che, al più, solo lo strettamente indispensabile sarebbe permesso ai soggetti onerati di mandato elettivo». Per la Sezione giurisdizionale «a parte talune spese» (per le quali comunque è stata pronunciata assoluzione) «l'addebito è sostanzialmente fondato sull'asserita intuitiva incoerenza dell'esborso con l'attività istituzionale dell'ente», mentre «è precluso a questa Corte addentrarsi nell'apprezzamento dell'opportunità» di procedere alle spese contestate dalla Procura della Corte dei conti, così riconoscendo la discrezionalità degli amministratori pubblici di effettuare gli acquisti al di fuori del sindacato del giudice contabile. A questo punto, pare che la sentenza possa rappresentare un «lasciapassare» per le spese da parte della classe politica. Davanti alla Corte sono pendenti numerosi giudizi sulle spese dei politici, primo fra tutti quello dei parlamentari dell'Ars. Le udienze sono fissare il prossimo mese di giugno. La decisione della Sezione giurisdizionale sembrerebbe assolvere l'operato dei politici contrariamente a quanto stigmatizzato in occasione delle cerimonie di inaugurazione degli anni giudiziari 2014 e 2015, nelle quali la lotta agli sprechi delle risorse pubbliche, con riguardo ai sempre crescenti costi della politica, ha costituito il punto centrale delle relazioni sull'attività della stessa Sezione.