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Mafia, sequestrati beni per 26 milioni all'imprenditore Santo Massimino

La Cassazione aveva annullato il dissequestro

CATANIA. Sei aziende, attive tra edilizia e  energia rinnovabili il cui valore è stimato in 26 milioni di  euro, sono state sequestrate da carabinieri del Ros e del  comando provinciale di Catania all'imprenditore Santo Massimino,  ritenuto vicino alla 'famiglia' Santapaola-Ercolano.  Il provvedimento fa seguito a una sentenza della Cassazione  che, su ricorso della Procura distrettuale di Catania, ha  annullato senza rinvio l'ordinanza del Tribunale del riesame che  il 7 luglio del 2014 aveva disposto il dissequestro dei beni.

Massimino è stato arrestato nell'ambito dell'operazione Iblis  il 3 novembre 2010 e condannato in primo grado il 9 maggio del  2014 a 12 anni di reclusione. In particolare l'imprenditore è  accusato di essere in 'stretta connessione' con l'allora capo  provinciale di Cosa nostra etnea, Enzo Aiello. In sinergia "con  altri affiliati mafiosi di rango" del clan avrebbe "partecipato  alla distribuzione di lavori controllati direttamente o  indirettamente dall'organizzazione criminale a cui versava anche  delle somme di denaro e permettendo ad imprese mafiose od a  disposizione della medesima associazione di partecipare alle  attività economiche intraprese". Secondo l'accusa, Massimino,  così, da un lato avrebbe "posto e mantenuto le sue imprese nel  mercato in violazione delle regole della libera concorrenza e  dall'altro apportando un concreto contributo causale ai fini  della conservazione, del rafforzamento e, comunque, della  realizzazione anche parziale del programma criminoso di Cosa  Nostra etnea.

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