CATANIA. Da un tribunale all'altro. Si sposta da quello penale a quello civile lo scontro tra accusa e difesa nel processo per la morte dell'ispettore capo della polizia di Stato Filippo Raciti, ucciso il 2 febbraio del 2007 a Catania durante il derby col Palermo. Conclusasi, con sentenza passata in giudicato, la fase 'penale' dell'inchiesta, con le condanne per omicidio preterintenzionale di due ultras etnei, l'allora minorenne Antonino Speziale e Daniele Micale, si apre il procedimento civile per il risarcimento dei danni. I primi a muoversi sono stati la Presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero dell'Interno che, attraverso l'Avvocatura dello Stato, hanno chiesto ai due imputati 305mila euro, compresi soldi dati ai familiari dell'ispettore. Replica l'avvocato Giuseppe Lipera che, per conto di Speziale, contesta la somma, fissando il tetto massimo a 200mila euro, ma chiama anche in causa la vedova Raciti: le sono stati dati «tre assegni vitalizi non reversibili» ma, secondo il legale, «spettano a superstiti delle vittime di terrorismo e criminalità organizzata», ma, ritiene il penalista, il caso «non rientra in quell'alveo». Per questo l'avvocato ha citato «in causa del terzo a integrare il contraddittorio la signora Marisa Grasso», ha chiesto al Tribunale di accertare l'insussistenza della condotta illecita, rigettare le domande di risarcimento o, in via subordinata, ridurre le somme. La prima udienza del processo si terrà il prossimo 7 luglio davanti la terza sezione civile del Tribunale di Catania.