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Caso Biancavilla, la moglie ai domiciliari in comunità

La donna aveva confessato il delitto ai carabinieri di Catania e della compagnia di Paternò che l'avevano fermata motivando il gesto con violenti liti con il coniuge che l'avrebbe maltrattata per 40 anni

CATANIA. Il Tribunale del riesame di Catania ha disposto gli arresti domiciliari in una comunità protetta, dove sarà seguita da medici, per Vincenzina Ingrassia, la 64enne che il 27 agosto scorso ha ucciso il marito, Alfio Longo, di 67 anni, colpendolo con un ciocco alla testa, simulando poi una rapina nella loro villa di Biancavilla.

La donna aveva confessato il delitto ai carabinieri di Catania e della compagnia di Paternò che l'avevano fermata motivando il gesto con violenti liti con il coniuge che l'avrebbe maltrattata per 40 anni. La sera del delitto l'uomo avrebbe colpito la moglie con un ciocco di legno alle gambe, lo stesso legno che Vincenzina Ingrassia avrebbe usato nella notte per ucciderlo colpendolo alla testa mentre dormiva, agevolata dal fatto che Alfio Longo aveva preso un sonnifero per dormire. L'inchiesta è coordinata dal procuratore Michelangelo Patanè e dal sostituto Raffaella Vinciguerra.

Nei giorni scorsi davanti al gip del Tribunale etneo, Loredana Pezzino, durante l'interrogatorio di convalida dell'arresto, Vincenzina Ingrassia aveva detto di amare il marito perchè «era un uomo premuroso, che non mi faceva mancava alcunchè, ma mi usava violenza quasi tutti i giorni e adesso sono pentita di quello che ho fatto».

La richiesta dell'avvocato della donna Luigi Cuscunà era stata subito quella della detenzione cautelare in una comunità protetta o agli arresti domiciliari. «La signora - ha spiegato pochi giorni fa il legale - ha confessato, e quindi non può inquinare le prove, non c'è neppure pericolo di fuga o la possibilità che possa reiterare il reato. La detenzione in carcere per noi è afflittiva e non giustificata».

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