CATANIA. Ha risposto alle domande del Gip Giuliana Sammartino per sostenere la propria innocenza il patron del Calcio Catania, Antonino Pulvirenti, agli arresti domiciliari per bancarotta fraudolenta nell'ambito dell'inchiesta sui bilanci della Wind Jet, compagnia aerea di cui è il presidente. Lo ha riferito a conclusione dell'interrogatorio di garanzia uno dei suoi legali, il professore Giovanni Grasso.
"Pulvirenti ha sostenuto Wind Jet - ha spiegato il penalista - con un capitale sociale, con il finanziamento dei soci e con un'altra serie di iniziative. E all'interno di questa società non ci sono state operazioni distrattive. Non c'è stato alcun artificio contabile, ma un apporto economico reale, quindi non si può configurare alcuna ipotesi distruttiva". "E' stato un imprenditore che ha fatto scelte aziendali sbagliate - ha osservato Grasso - che ha pagato sul piano economico. Tutte operazioni sono infatti assolutamente pulite".
Il collegio di difesa di Pulvirenti, gli avvocati Giovanni Grasso e Fabio Lattanzi, chiederà al Gip la revoca dell'ordinanza cautelare che dispone gli arresti domiciliari per Antonino Pulvirenti. Nell'indagine 'Icaro' della guardia di finanza del comando provinciale di Catania è indagato, in stato di arresti domiciliari, anche l'amministratore delegato di Wind Jet, Stefano Rantuccio, che sarà interrogato il prossimo mercoledì.
Anche Angelo Agatino Vitaliti, componente del Consiglio di amministrazione della Wind Jet ha risposto al Gip, un terzo indagato, Vincenzo Patti, presidente del collegio dei sindaci della compagnia aerea, invece, si è invece avvalso della facoltà di non rispondere. Sono stati rinviati a dopodomani gli interrogatori di Stefano Rantuccio e di Paola Santagati, commercialista della Wind Jet. Vitaliti, Patti e Santagati sono indagati in stato di libertà e il Gip li ha sospesi dall'attività professionale per un anno.
Nell'agosto del 2012 con gli aerei a terra, a fronte di 20milioni di euro incassati con biglietti già emessi, l'azienda ha chiuso non potendo più coprire le spese e 500 dipendenti sono stati licenziati. Il fallimento è stato evitato con l'accesso, nel maggio del 2013, a un concordato preventivo per fare fronte a un passivo di 238 milioni di euro e a un debito con l'Erario di 43 milioni. L'inchiesta della Procura di Catania è coordinata dal procuratore Michelangelo Patanè e dai sostituti Alessia Natale, Alessandra Tasciotti e Alessandro Sorrentino.
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