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Orafo ucciso a casa: 5 arresti fra Catania, Torino e Milano

CUNEO. Cinque arresti per l'omicidio di Patrizio Piatti, l'orafo sessantacinquenne assassinato il 9 giugno 2015, nella sua villa di Monteu Roero, nel cuneese, con un colpo di pistola alla testa durante quello che a caldo venne definito un tentativo di rapina.

Le indagini dei Carabinieri del Ros e del comando provinciale di Cuneo, coordinati dalla procura di Asti, hanno accertato che l'omicidio «è maturato nell'ambiente della ricettazione di oggetti preziosi di cui anche la vittima - affermano gli investigatori - faceva parte».

I Carabinieri hanno eseguito nelle province di Torino, Milano e Catania l'ordinanza di custodia cautelare a carico dei cinque indagati. L'inchiesta, spiegano gli investigatori, ha consentito di fare «piena luce sull'efferato delitto, di individuarne i mandanti e gli esecutori materiali e di accertarne il movente».

Che quello di Patrizio Piatti, l'orafo di 65 anni freddato l'estate del'anno scorso con un colpo di pistola nel garage di casa, fosse un delitto maturato nell'ambiente della ricettazione degli oggetti preziosi, ai Carabinieri era apparso evidente quasi subito.

L'uomo venne ucciso il 9 giugno del 2015. Le perquisizioni effettuate nella sua villetta di Monteu Roero, sulle colline cuneesi, e nel suo laboratorio, portarono alla luce un vero e proprio tesoro: sacchi pieni d'argento, decine di rolex, gioielli. E quasi 300 mila euro in contanti. Troppa roba per i suoi introiti. «Beni di valore sproporzionato rispetto alla capacità reddituale del nucleo familiare», secondo i magistrati, che posero tutto sotto sequestro.

Piatti stava salendo sulla sua 500 per andare al lavoro, a Torino, e all'improvviso si trovò di fronte due malviventi: dopo una colluttazione, un colpo di pistola alla tempia lo fulminò. Sulle prime si pensò a un tentativo di rapina finito nel sangue.

I carabinieri del Ros e quelli del comando provinciale di Cuneo, però, si misero subito a setacciare altre possibilità. Scoprendo, per esempio, che Piatti aveva intrecciato stretti rapporti con un ricettatore torinese molto conosciuto dalle forze dell'ordine e già arrestato nel 2013 nel quadro di un'operazione chiamata «Oro fuso». Quanto bastava per far pensare che l'artigiano fosse bene inserito nei meccanismi del riciclaggio di oggetti rubati e che l'omicidio non fosse la semplice e sfortunata conseguenza di una tentata rapina.

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