CATANIA. Resta a Catania l'inchiesta su Luca Priolo, il 25enne che il 6 ottobre 2015 ha ucciso con 42 coltellate la sua ex convivente, Giordana Di Stefano, di 20 anni, dalla quale aveva avuto una bambina di 4 anni. Lo ha deciso la prima Corte di Cassazione che ha rigettato la richiesta del legale dell'imputato di sospendere il procedimento davanti al Gip del capoluogo etneo e di rimessione degli atti a Messina. Era stato il Gip di Catania, Loredana Pezzino, davanti al quale è pendente la richiesta di giudizio abbreviato condizionato a una perizia psichiatrica, a trasmettere la richiesta alla Cassazione. La prossima udienza preliminare è stata già fissata per il 6 dicembre. Priolo, arrestato da carabinieri a Milano mentre era in fuga, è reo confesso, ma ha sempre negato la premeditazione, sostenendo di avere agito in preda a un raptus dovuto alla volontà di lei di non revocare una denuncia per stalking nei suoi confronti. Il suo legale, l'avvocato Dario Riccioli, aveva presentato l'istanza sostenendo che a Catania c'è una forte pressione mediatica sul caso, alimentata anche sui social network, che rischia di «condizionare gli esiti della decisione» del giudice e «di pregiudicare la libera determinazione delle persone che partecipano al processo». Secondo l'avvocato Mirella Viscuso, che assiste il centro Antiviolenza 'Galateà che chiesto la costituzione di parte civile nel processo, invece, «le opinioni manifestate dai familiari della vittima e i commenti sul web non risultano avere esplicato alcun condizionamento» nè «permettono di formulare dubbi sull'imparzialità del giudice e sul suo imparziale e sereno giudizio».