Avrebbe assoldato un sicario per uccidere con un’iniezione letale il 10 dicembre del 2002 il compagno, l’imprenditore catanese Santo Giuffrida, di 60 anni, che si credeva morto per un infarto. È l’accusa contestata, a quasi 16 anni dal delitto, dalla Procura di Catania alla sua compagna 44enne, Barbara Bregamo, che avrebbe agito con tre complici. Per lei il pm Marco Bisogni ha chiesto la condanna a 14 (e non 16) anni e 8 mesi di reclusione per omicidio volontario premeditato, in qualità di mandante, e a 10 anni per un suo presunto complice, Francesco Giuseppe Indorato, 50 anni, accusato di tentativo di omicidio. Il legale dei familiari della vittima, l’avvocato Eugenio De Luca, si è unito alla richiesta dell’accusa. Il processo si svolge col rito abbreviato davanti al Gup Giovanni Cariolo. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 21 giugno con le arringhe della difesa, l’avvocato Mirella Viscuso che assiste la donna, e Pieparolo Montalto per l'uomo. Gli altri due imputati, Antonio Zuccarello, di 52 anni, e Alfio Maugeri, di 45, sono ancora nella fase dell’udienza preliminare, che si terrà domani davanti allo stesso giudice. A far scattare le indagini dell’operazione 'Circe' dei carabinieri sono state le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Luciano Cavallaro, che si è autoaccusato. Secondo l'accusa, La donna sarebbe stata anche mandante di un primo tentativo di assassinare dell’uomo, compiuto nel 2001. Avrebbe dato l’incarico a Cavallaro, che avrebbe a sua volta incaricato dell’esecuzione materiale un suo conoscente, Indorato. Quest’ultimo avrebbe aggredito con un coltello la vittima all’interno del suo garage condominiale, ferendolo gravemente. A distanza di quasi un anno dal ferimento, la donna avrebbe nuovamente chiesto a Cavallaro l’uccisione del compagno pagando questa volta 20 mila euro e regalandogli una Bmw. In questa seconda occasione l’omicidio sarebbe stato pianificato con maggior cura e Cavallaro avrebbe coinvolto Maugeri e Zuccarello. La notte tra il 9 ed il 10 dicembre del 2002 i tre, ha ricostruito l’accusa, con la collaborazione della donna, sarebbero entrati in casa di Giuffrida e dopo avergli iniettato una sostanza velenosa, lo avrebbero soffocato. La compagna avrebbe successivamente inscenato la morte naturale dell’imprenditore senza che sorgessero sospetti.