Beni per un valore complessivo di oltre 3 milioni di euro sono stati sequestrati dai finanzieri del Comando provinciale di Catania a Francesco e Sergio Lo Trovato, padre e figlio di 87 e 52 anni, rispettivamente amministratore di fatto (nonchè direttore generale) e presidente del Cda del Consorzio siciliano di riabilitazione Società consortile A.R.L. L’accusa della Procura è dichiarazione infedele. Secondo gli inquirenti i due avrebbero sottratto al pagamento delle imposte, dal 2013 al 2016, redditi complessivi per oltre 10 milioni di euro. L’Ires evasa, pari a oltre 3 milioni, è stata sottoposta a sequestro. Il Consorzio, costituito nel 1980 e con sede a Viagrande, svolge quale attività prevalente quella di fisioterapia mediante la gestione diretta di 19 centri di riabilitazione dislocati tra Catania, Siracusa, Ragusa, Enna, Trapani e Caltanissetta. Le anomalie rilevate dai finanzieri sono "molteplici e gravi": gli utili prodotti dal Consorzio "erano conferiti a una fondazione della famiglia Lo Trovato, destinati a investimenti finanziari 'speculativi' ed elargiti sottoforma di contributi a soggetti economici terzi, alcuni dei quali amministrati e di proprietà di familiari di Francesco Lo Trovato; gli indagati risultavano avere cariche gestorie in imprese fornitrici abituali del C.S.R.; impiego di risorse del C.S.R. a beneficio di attività non istituzionali, non destinate alle persone bisognose di terapie fisioterapiche". Per esempio, la conduzione di un villaggio turistico a Modica (Ragusa), "KikkiVillage" e la gestione di impianti fotovoltaici. La società, pur formalmente rappresentata da Sergio Lo Trovato, è risultata gestita e diretta dal padre Francesco, al quale è stata assegnata una retribuzione annua di 200mila euro annui a fronte dei 30mila spettanti al figlio. Le indagini hanno tratto origine da una verifica fiscale condotta dai finanzieri che ha portato, nell’ottobre 2018, alla contestazione amministrativa di redditi non dichiarati per 10,7 milioni e di oneri non deducibili per 2,9 milioni. "Lo schema fraudolento ideato e perseguito dagli indagati - spiegano le Fiamme gialle - è consistito nell’attribuire al C.S.R. la natura giuridica di società consortile che, quale ente non commerciale, perseguendo finalità mutualistiche e solidali, non avrebbe dovuto avere, tra l’altro, quale scopo strutturale quello di produrre utili". La realtà aziendale emersa dalle indagini, durate cinque mesi, è invece quella "di un’impresa commerciale fortemente patrimonializzata nonchè dotata di una struttura organizzativa rilevante": 600 dipendenti, oltre 200 collaboratori, beni strumentali per 10 milioni di euro. "Si tratta, in altre parole, di una azienda del terziario in grado di governare l’intero ciclo di fornitura delle prestazioni di servizio a terzi attraverso la remunerazione dei fattori produttivi e il conseguimento di utili", informa la Guardia di finanza.