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Mafia a Catania, nell'operazione Report indagato il deputato Sammartino per corruzione elettorale

Nell’inchiesta Report spunta anche il nome di Luca Sammartino il deputato regionale renziano di Iv. E’ nell’elenco dei 38 indagati. Al momento nei suoi confronti non c'è alcun provvedimento da parte del gip, ma la procura gli ha notificato un avviso di fine indagine ipotizzando il reato di corruzione elettorale.

La procura, avrebbe intercettato uno scambio tra Sammartino e il boss Lucio Brancato: voti al deputato renziano alle Regionali del 2017 in cambio di alcune «utilità» tra le quali, secondo l’accusa, un posto di lavoro al nipote di Brancato alla Mosema, azienda di raccolta dei rifiuti impegnata nell’hinterland etneo, e la rimozione di una cabina telefonica nei pressi della pizzeria della moglie del boss a Massannunziata, frazione di Mascalucia.

«Apprendo la notizia dagli organi di stampa. Sono consapevole di non aver commesso alcun reato. Quando avrò contezza degli atti, sarò in condizione di replicare e mi difenderò adeguatamente», dice Sammartino.

Nell’inchiesta «Report» sono stati riscontrati, in primo luogo, 8 estorsioni: gli uomini del clan Laudani in alcuni casi chiedevano denaro a imprenditori e professionisti per finanziare l’associazione mentre, in altre circostanze, fungevano da 'agenzia di recupero creditò, per favorire illecitamente imprenditori, i quali - a fronte di crediti commerciali non pagati - hanno preferito, invece che procedere legalmente, fare ricorso all’intermediazione degli esponenti mafiosi per recuperare le somme, avvalendosi della forza di intimidazione legata all’appartenenza all’organizzazione criminale e al fine di accelerare la procedura di incasso del credito.

L’altro settore coinvolto dalle attività di indagine è quello rappresentato dalle interferenze nelle procedure giudiziarie di vendite all’asta di beni. In questo ambito il clan è intervenuto, affinchè gli imprenditori dichiarati falliti - nei cui confronti era stata attivata la procedura di esecuzione immobiliare - potessero illecitamente rientrare in possesso del bene posto all’asta, ricavandone utilità.

In questo contesto, esponenti del «clan Laudani» si sono attivati, ricorrendo a minacce e intimidazioni, in modo da inibire la partecipazione di potenziali offerenti alla procedura esecutiva, in tal modo garantendo al debitore 'esecutatò di ottenere, sia pure attraverso intestatari fittizi, la restituzione dei beni. Nell’occasione è stata un’asta immobiliare effettuata presso il Tribunale di Catania: in quell'occasione un imprenditore, proprietario di un appartamento oggetto dell’esecuzione fallimentare, ha richiesto ed ottenuto l’intervento di uno degli affiliati Litterio «Rino» Messina, al fine di alterare la procedura di vendita del bene. In tale occasione il gruppo ha individuato un prestanome compiacente e, contestualmente, ha allontanato i potenziali offerenti, attraverso il ricorso ad intimidazioni e minacce.

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