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Scuola, protesta contro le "classi pollaio": manifestazioni anche a Catania e Siracusa

«Il 25 gennaio chiudono le iscrizioni: ora chiudiamo le classi pollaio! Bisogna ridurre il numero di alunni per classe assumere immediatamente i precari, per questo domani manifesteremo in 23 città, compresa Roma, dove saremo davanti al Ministero a partire dalle 16». E’ quanto rendono noto in un comunicato i Cobas e 'Priorità alla Scuola'. Domani le manifestazioni, informano le due organizzazioni, si terranno anche davanti agli Uffici Scolastici regionali e Provinciali di Bologna, Pisa, Trieste, Genova, Torino, Reggio Emilia, Firenze, Massa, La Spezia, Napoli, Salerno, Catania, Siracusa, Prato, Bari, Modena, Mantova, Ancona, Vicenza, Padova, Pescara e Cremona.

Molteplici le richieste: riduzione del coefficiente del numero di alunni per classe, massimo 20 alunni e 15 in presenza di alunne/i con disabilità; immediata assunzione dei precari della scuola italiana; investimenti seri e veloci sull'edilizia scolastica; rientro almeno al 50% nelle scuole superiori delle Regioni e del 100% negli altri ordini di scuola in Campania; tracciamento capillare e diffuso all’interno delle scuole.

«La ministra Azzolina - ricordano i Cobas e Priorità alla scuola - è entrata al Ministero dell’Istruzione affermando che avrebbe preso di petto le classi pollaio ed ha continuato a ribadire lo stesso concetto anche nel corso della pandemia. Queste sono le parole. E i fatti? I fatti ci dicono che nemmeno un euro è stato stanziato né nel Recovery Plan né in Finanziaria per la riduzione del numero di alunni per classe e il problema del sovraffollamento delle classi è letteralmente scomparso nelle recenti linee guida emanate dal Ministero. Così le scuole, che hanno appena finito di raccogliere le iscrizioni, procederanno con i soliti coefficienti a costruire le classi iniziali. Il tutto - concludono - come se non si fosse nel pieno di una pandemia, come se la pandemia non avesse mostrato la condizione disastrosa della scuola pubblica italiana, condizione che ha comportato l’interruzione (o il forte depotenziamento attraverso la DAD) del diritto costituzionale all’istruzione per un’intera generazione la quale sta subendo, anche psicologicamente, i danni che negli anni sono stati inflitti alla scuola pubblica e che la crisi ha ulteriormente aggravato».

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