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Detenuto tenta il suicidio nel carcere di Termini Imerese, salvato da agenti penitenziari

Un detenuto catanese ha tentato il suicidio nel carcere di Termini Imerese dove si trova per i reati di maltrattamenti in famiglia ed estorsione, ma è stato salvato dal tempestivo intervento degli agenti in servizio. A darne notizia è il sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe).

"Verso le 13 - scrive il Sappe in una nota -, all’atto di immettere i detenuti del Reparto Cielo al passeggio, da una cella della sezione Isolamento si sono uditi rumori che hanno allertato l'agente di servizio: questi ha constatato che l’uomo, un catanese di 38 anni, con il volto già cianotico, stava tentando il suicidio dopo essersi stretto con un cappio un sacchetto di plastica al collo". "Per fortuna è stato salvato dal tempestivo intervento dei poliziotti penitenziari di servizio", evidenzia Calogero Navarra, segretario nazionale per la Sicilia del Sappe.

“La grave vicenda porta alla luce le priorità della sicurezza (spesso trascurate) con cui quotidianamente hanno a che fare le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria”, scrive Donato Capece, segretario generale del Sappe, e rivolge “solidarietà e vicinanza al Personale di Polizia Penitenziaria di Termini Imerese che ancora una volta ha risolto in maniera professionale ed impeccabile un grave evento critico”.

Il Sappe ha poi rivolto un appello al nuovo Ministro della Giustizia Marta Cartabia: “A lei chiediamo un cambio di passo sulle politiche penitenziarie. Noi confidiamo molto nel nuovo Guardasigilli e auspichiamo che abbia il coraggio che non ha avuto Alfonso Bonafede su due priorità cruciali. Il primo: ogni giorno giungono notizie di aggressioni a donne e uomini del Corpo in servizio negli Istituti penitenziari del Paese, sempre più contusi, feriti, umiliati e vittime di violenze da parte di una parte di popolazione detenuta che non ha alcuna remora a scagliarsi contro chi in carcere rappresenta lo Stato. Servono, dunque, urgenti provvedimenti a tutela della stessa incolumità fisica delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria. Secondo aspetto: il crescente aumento degli eventi critici in carcere, che vedono spesso coinvolti ristretti stranieri e/o con problemi psichiatrici. Per il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria lasciare le celle aperte più di 8 ore al giorno senza far fare nulla ai detenuti – lavorare, studiare, essere impegnati in una qualsiasi attività – è controproducente perché lascia i detenuti nell’apatia: non riconoscerlo vuol dire essere demagoghi ed ipocriti. E la proposta è proprio quella di sospendere la vigilanza dinamica: sono infatti state smantellate le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali, con detenuti di 25 anni che incomprensibilmente continuano a stare ristretti in carceri minorili. Ed una soluzione va individuata anche prevedendo un circuito penitenziario ad hoc per i detenuti psichiatrici e le espulsioni dei detenuti stranieri”.

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