Più di un decennio sotto inchiesta, una condanna, una parziale assoluzione, un annullamento con rinvio e una sentenza di assoluzione da tutti i reati contestati, anche se con formule diverse. È la storia giudiziaria dell’ex presidente della Regione Siciliana ed ex leader del Mpa, Raffaele Lombardo, che oggi ha fatto registrare un’altra tappa: l’assoluzione dall’accusa di concorso esterno all’associazione mafiosa, per mancanza di prove, e dalla corruzione elettorale aggravata dall’avere favorito il clan Cappello, per non avere commesso il fatto. La sentenza è stata emessa dalla Corte d’appello di Catania dopo un annullamento con rinvio della Cassazione della precedente sentenza e la riapertura dell’istruttoria dibattimentale.
La Procura generale aveva chiesto una condanna a 7 anni
La Procura generale, nel processo celebrato col rito abbreviato, aveva chiesto la sua condanna a sette anni e quattro mesi di reclusione. Secondo l’accusa, assieme al fratello Angelo, avrebbe agevolato «direttamente e indirettamente» Cosa nostra, «pur non appartenendovi», in cambio di voti. Il procedimento, infatti, ha anche trattato presunti favori elettorali del clan a lui nelle regionali del 2008, in cui fu eletto governatore, e a suo fratello, per cui si procede separatamente, per le politiche dello stesso anno. Contestazioni che l’ex governatore ha sempre respinto sostenendo di avere «nuociuto alla mafia come mai nessuno prima», di «non avere incontrato esponenti delle cosche» e di avere «sempre combattuto Cosa nostra».
L'ex presidente: «Sentenza che fa vincere la verità storica dei fatti»
E oggi parla di «sentenza che fa vincere la verità storica dei fatti». «Ho sempre avuto piena fiducia nel sistema giudiziario e nella magistratura - dice Lombardo - e dopo 12 anni e stata ripagata dalla sentenza di oggi. Ho trovato giudici intelligenti coscienziosi e coraggiosi». Ha avuto la notizia dell’assoluzione mentre in chiesa a Catania assisteva al funerale di un «vero amico»: ha avuto un attimo di commozione e poi si è subito ricomposto. «Lombardo - sottolinea l’avvocato Maria Licata che col professore Vincenzo Maiello ha difeso l’ex governatore della Sicilia - è molto contento, felice e sollevato ed ha ragione ad esserlo».
La vicenda giudiziaria
Il procedimento nasce da indagini dei carabinieri del Ros e torna a Catania dopo che la Cassazione, tre anni fa, ha annullato con rinvio la sentenza emessa il 31 marzo 2017 dalla Corte d’appello che aveva assolto dall’accusa di concorso esterno all’associazione mafiosa l’ex governatore e lo aveva condannato a due anni (pena sospesa) per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso, ma senza intimidazione e violenza. Una decisione, quella dei giudici di secondo grado, che aveva riformato la sentenza emessa il 19 febbraio 2014, col rito abbreviato, dal Gup Marina Rizza che lo aveva condannato a sei anni e otto mesi per concorso esterno all’associazione mafiosa.
Messaggi di vicinanza e solidarietà
«Vicinanza per questo verdetto che ristabilisce la verità, non cancellando però la sua sofferenza», è espressa a Lombardo dal presidente dei senatori di Italia Viva, Davide Faraone. Per il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, la decisione del collegio «restituisce serenità non soltanto a Lombardo e ai suoi familiari, ma anche all’Istituzione che ha guidato». Il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, si dice «molto contento per Lombardo e la sua famiglia». Il sottosegretario del M5s Giancarlo Cancelleri parla di «assoluzione che chiude una vicenda che ha sicuramente lacerato la politica e le istituzioni siciliane». Il segretario della Lega in Sicilia, Nino Minardo, si dice «felice e sollevato per l’assoluzione» che «restituisce dignità e giustizia a Lombardo». Secondo l’associazione Nessuno tocchi Caino la sentenza «è la riconquista dello Stato di Diritto». «Sono contento per la sentenza di assoluzione di Raffaele Lombardo. Restituisce serenità a lui e alla sua famiglia». Lo dichiara il commissario regionale della Democrazia Cristiana nuova, Salvatore Cuffaro. «La ostinata fiducia nella giustizia - aggiunge - deve essere una scelta di diritto oltre che di dovere»