Quaranta condanne per i reati, contestati a vario titolo, di associazione mafiosa e spaccio di sostanze stupefacenti, tre assoluzioni e un non luogo a procedere. E’ la sentenza pronunciata dal Gup di Catania a conclusione del processo celebrato col rito abbreviato scaturito dall’operazione Camaleonte, del 23 giugno 2020, della squadra mobile contro il clan Cappello. L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dai sostituti Antonella Barrera e Tiziana Laudani. Secondo l’accusa era di circa 1,5 milioni di euro al mese il volume d’affari della cosca capace di far arrivare cospicui quantitativi di hashish e marijuana anche a Malta. Fondamentale nell’organizzazione, secondo la Procura di Catania, era il ruolo delle donne, che non soltanto facevano le veci degli uomini quando questi ultimi erano in carcere, ma avevano la contabilità del traffico di droga e disponevano del ’recupero creditì. Tra le persone condannate ci sono anche Anna Russo (13 anni e 4 mesi), Giuseppa Russo (9 anni e 6 mesi) e Concetta Strano (9 anni e 4 mesi). Venti anni sono stati comminati a Luigi Scuderi, Salvatore Culletta e Goffredo Francesco Treccarichi Scauzzo. Condannati anche Concetto Bonaccorsi (18 anni e 8 mesi) e Simone Bonaccorsi (12 anni) e i presunti boss Mario Strano (18 anni e 8 mesi) e Salvatore Massimiliano Salvo (14 anni). Il Gup ha assolto, «per non avere commesso il fatto», Sebastiano Balbo, Giuseppe Salvo e Mario Santonocito e disposto il «non luogo a procedere» per Guido Vasta.