Una storia di cosa voglia dire il 25 aprile arriva da Acireale. E' quella di un militare che si oppose al nazismo e al fascismo. Il coraggio di Sebastiano Tropellone raccontato da sua nipote Federica, che fino a poco tempo fa non sapeva quasi niente del nonno, con una sola foto, quella del matrimonio, a ricordarle l'esistenza.
"Mia nonna, sua figlia aveva quattro anni, e ci raccontava che l'ultima volta che lo vide fu mentre era alla stazione, stava prendendo un treno, lei era vestita con un abito in velluto blu, non si immaginava quello che stava per succedere - dice Federica -. Ha sempre atteso fiduciosa il ritorno del padre, cosa che purtroppo non avvenne mai".
Morto in guerra, era la frase di rito in famiglia, poi con il passare del tempo sempre più informazioni, grazie all'associazione partigiani, che ha scoperto che sì, era morto durante la guerra, ma che la vita di Sebastiano Tropellone era finita nel 1944, in un campo di concentramento tedesco, tra gli internati militari italiani.
Era uno dei tanti meridionali che quando gli fu chiesto di aderire all'esercito di Salò, in cambio della loro vita, rifiutarono con coraggio. In nome dei valori dell'Italia, che volevano libera e indipendente. "C'era molta amarezza ogni volta che se ne parlava, cercavamo sempre di affrontare l'argomento il meno possibile perchè faceva male", racconta Federica. Quel no, quel rifiuto, detto con consapevolezza, la consapevolezza di non tornare più a casa.
Adesso Tropellone, insieme ad altri quattro acesi deportati, Giuseppe Barbagallo, Giovanni Messina, Rosario Pistarà e Sebastiano Pulvirenti, è stato insignito della medaglia d'onore.
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