Catania

Giovedì 19 Dicembre 2024

Mafia a Catania, l'ascesa del boss Ciccio Napoli e il codice del pizzo: un lido della Playa nel mirino

Ciccio Napoli (nel riquadro) arrestato dai carabinieri di Catania nell'operazione Sangue Blu

Dal blitz antimafia con 35 arresti a Catania emerge una figura di spicco: Ciccio Napoli, 48 anni, nipote di Salvatore Ferrerra, detto «Cavadduzzu» che aveva sposato una delle sorelle D’Emanuele, zie dello storico capomafia Benedetto Santapaola. Secondo la Procura Napoli è il reggente della famiglia Santapaola-Ercolano. Dopo aver trascorso 13 anni in carcere, nel 2019 era tornato in libertà. Viene indicato come un personaggio carismatico tanto che riprese subito un ruolo di grande responsabilità in seno all'associazione mafiosa. Un compito che, secondo gli inquirenti, provò a svolgere con estrema cautela per non correre il rischio di altri guai giudiziari. Ma la sua attenzione maniacale ai suoi incontri, alle sue parole, l'uso di nomi in codice, non sono stati sufficienti a evitargli un nuovo  arresto. Di lui hanno parlato storici collaboratori di giustizia come Santo La Causa, sia i più recenti come Salvatore Scavone, Silvio Corra e Martino Sanfilippo. Una volta prese in mano le redini della famiglia, Napoli avrebbe concentrato i suoi affari sulle estorsioni per far fronte alla mancanza di fondi per il mantenimento delle famiglie degli affiliati detenuti. Nella strategia del boss, era necessario allargare ad altre attività economiche catanesi le richieste di pizzo. Come ha raccontato il collaboratore di giustizia Silvio Corra nel corso dell'interrogatorio del 20 agosto 2020, nel mirino degli estortori finì anche un noto lido della Playa che denunciò l'intimidazione subita. L'episodio è stato confermato successivamente (nell'interrogatorio dello scorso 8 febbraio) anche da Salvatore Scavone. Davanti all'ingresso dello stabilimento balneare fu collocata una bottiglia incendiaria accompagnata da un pizzino con la scritta "200 mila euro o ti cerchi l'amico 2 giorni di tempo". Ciccio Napoli, si legge nella carte "era sicuro che il titolare, o personalmente o tramite terze persone, avrebbe cercato lui per chiedere protezione". La frase "200 mila euro" è ritenuta dagli inquirenti una sorta di codice identificativo delle estorsioni del clan, che serve per la vittima a identificare la cosca. Il codice serve anche per gli altri clan che dinanzi a una richiesta di 200 mila euro capiscono che dietro c'è la famiglia catanese di Cosa nostra. Nell'operazione "Sangue blu" di Catania, sono emerse sei estorsioni, tra cui appunto quella alla Playa, con questo sistema.

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