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Un errore della scuola: professoressa per 12 anni incassa stipendio e pensione

La Corte dei conti rileva che la dirigente scolastica avrebbe dovuto sottoscrivere il modello D con il quale comunicare agli organi competenti il collocamento in quiescenza. I finanzieri hanno trovato nel fascicolo dell’insegnante il foglio mai spedito.

L'Istituto Giovanni Paolo II di Belpasso

Per 12 anni una docente siciliana ha percepito sia lo stipendio che la pensione. La vicenda «surreale», così la definiscono nella sentenza i giudici della Corte dei conti, riguarda una professoressa che nonostante fosse andata in pensione nel 2006, avrebbe continuato a percepire il doppio emolumento fino al 31 agosto del 2018, determinando un danno erariale di 72 mila euro.

L'insegnante è morta a marzo del 2019. La Ragioneria dello Stato ha iniziato un’azione di recupero nei confronti degli eredi. Azione molto complessa, visto che incombe il rischio di prescrizione. Il caso sarebbe nato da un errore, come stabilito dai giudici contabili presieduti da Giuseppe Aloisio, della dirigente scolastica della scuola Giovanni Paolo II, di Belpasso, e della dirigente amministrativa. La dirigente scolastica, processata con rito abbreviato, ha pagato la somma di quasi 11 mila euro, pari al 30% dell’importo richiesto dal procuratore regionale Pino Zingale. L’altra responsabile è stata condannata a risarcire la somma di 18 mila euro: il 50% dell’importo contestato.

Secondo i magistrati, dunque, l’insegnante ha continuato a percepire la doppia somma perché «la dirigente scolastica - scrivono i giudici - avrebbe dovuto sottoscrivere il modello D con il quale l’istituto comunicava agli organi competenti, allora al dipartimento provinciale del Tesoro, il collocamento in quiescenza del personale assegnato alla scuola, al fine di interrompere il pagamento dello stipendio e attivare il pagamento della pensione». La responsabilità della dirigente scolastica non può essere attenuata, secondo i giudici, dalla circostanza che nel momento del pensionamento della professoressa era in congedo ed era stata sostituita. Appena rientrata avrebbe dovuto, infatti, accertarsi della trasmissione del modello D».

In effetti, i finanzieri che sono andati all’istituto scolastico hanno trovato il modello nel fascicolo dell’insegnante con dentro il foglio mai spedito.

I mandati di pagamenti degli stipendi indebitamente erogati alla professoressa andata in pensione il primo settembre del 2006 (e pagati fino al 31 agosto del 2018) ammontano a 289.805 euro. In base alla prescrizione quinquennale, sono stati richiesti alla dirigente scolastica e alla dirigente amministrativa 72 mila euro. La dirigente amministrativa si è difesa nel processo e ha contestato i mancati controlli a monte che si sono protratti per circa 12 anni. Nessuno in tutti questi anni ha riscontrato la macroscopica irregolarità. La professoressa morta nel 2019 ha continuato a percepire lo stipendio fino al 2018 «nonostante avesse 78 anni, - scrivono i giudici - senza che nessuno notasse l’anomalia costituita dal fatto che veniva corrisposto un emolumento stipendiale ad un soggetto di età anagrafica assolutamente incompatibile con lo stesso». Una mancanza di controlli che hanno determinato la riduzione della contestazione avanzata durante il processo. Non 36 mila euro, ma il 50% circa 18 mila euro. Anche la dirigente amministrativa avrebbe voluto chiudere la partita con il rito abbreviato proponendo di versare 5 mila euro. Una istanza inammissibile per i giudici per l’inadeguatezza della somma offerta.

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