Si è dimostrata in realtà poco "svampita" la donzella che è riuscita a far condannare il colosso commerciale La Rinascente a pagare una sanzione di 300 mila euro. I fatti risalgono al 24 luglio del 2021 quando in uno store di Catania, della famosa catena italiana di proprietà dell'azienda thailandese Central Group, si presenta una signora catanese di 47 anni. Arrivata alla cassa per pagare alcuni abiti, la donna ha un alterco con una commessa che la invita a mantenere le distanze sia per ragioni legate alla pandemia da covid sia per tutelare un'altra cliente che stava digitando il pin sul pos per pagare. Ne è nato un acceso diverbio. Una scena già vista che spesso viene archiviata con la tipica frase "il cliente ha sempre ragione". Ma in questo caso la commessa non ha tratto consiglio dal detto popolare e ha pianificato la sua vendetta. Dopo poche ore, alla 47enne viene notificato con una mail automatica con mittente Rinascente, l'aggiornamento del profilo relativo alla fidelity card. Ma qualcosa non torna. Sul campo nome, infatti, c'è scritto "Donzella" e sul cognome "Svampita" che non sono le sue generalità. Facile risalire a ciò che è avvenuto. La fantomatica Donzella chiama quindi il servizio clienti, che le conferma che pochi minuti prima il suo profilo era stato modificato, e poi il suo avvocato.
Parte dunque una segnalazione al Garante per la privacy che ha avviato un’istruttoria conclusasi con una multa di 300mila euro, che La Rinascente potrà dimezzare se sceglierà di risolvere la controversia entro 30 giorni. Ma la piccineria della commessa, che ha voluto vendicarsi della cliente con la quale aveva avuto un diverbio, non è l'unica irregolarità che ha fatto scattare la pesante sanzione. Il Garante ha infatti appurato che gli ordini di 70 utenti sono stati ricevuti nelle email di altri cinque clienti. La Rinascente non avrebbe dunque garantito la riservatezza dei dati. Contestati anche i tempi troppo lunghi relativi alla conservazione dei dati che sono fissati ad un massimo di 7 anni per più di 800 brand reclamizzati. Per quanto riguarda la commessa vendicativa, secondo il Garante si è trattato di una leggerezza. La ragazza ha violato le istruzioni ricevute nonché, più in generale, il protocollo. L'azienda non ha licenziato la commessa, l'ha solo sanzionata con un provvedimento disciplinare. Alla luce di quanto ha espresso il Garante, però, che ha condannato la Rinascente non si escludono altri provvedimenti.
"Stiamo valutando se procedere o no, rivolgendoci al tribunale civile, per richiedere un risarcimento - dichiara l'avvocato Dino Caudullo, legale della cliente offesa -. Si tratta di una evidente violazione della privacy che è stata anche riconosciuta dal Garante nei confronti della mia assistita. Abbiamo appreso indirettamente che la dipendente sia stata solo sanzionata, anche se si paventava una sospensione dal servizio. Non so se dopo la pronuncia del Garante cambierà qualcosa. Questo esposto - conclude il legale catanese - ha aperto un vaso di Pandora. Dopo pochi giorni da esso, infatti, è stato mandato un nucleo ispettivo presso gli uffici della Rinascente e, scavando, hanno trovato violazioni ben più gravi di questa".
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