Nell’ultimo fine settimana nella zona etnea si sono verificati nove casi di intossicazione da fungo «falsa mazza di tamburo» (Chlorophyllum molybdites). Lo afferma l’Asp di Catania. I casi sono stati trattati nei pronto soccorso dell’ospedale Cannizzaro di Catania e dell’ospedale di Acireale con il supporto dei micologi del dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria provinciale. Lo rende noto la stessa Asp, che raccomanda la massima attenzione.
Lo scorso anno si è manifestato un solo caso di intossicazione da Chlorophyllum molybdites. La «falsa mazza di tamburo» viene facilmente confusa con la ricercata Macrolepiota procera («mazza di tamburo», volgarmente chiamata cappiddini), che è invece una specie commestibile e largamente raccolta e consumata.
«Voglio ancora una volta ribadire l’appello ai cittadini - sottolinea Elena Alonzo, direttore del Servizio igiene alimenti e nutrizione (Sian) dell’Azienda sanitaria catanese - ad un consumo attento e responsabile di funghi freschi spontanei. Tutte le partite di funghi spontanei, raccolti occasionalmente o posti in vendita, devono essere sottoposte a certificazione da parte dell’Asp. La certificazione garantisce la commestibilità dei funghi e riporta altresì la data entro la quale gli stessi vanno tassativamente consumati».
Oltre alla «falsa mazza di tamburo», i micologi del dipartimento di prevenzione dell’Asp di Catania raccomandano massima attenzione anche nel consumo di funghi a pori rossi, i cosiddetti muss’i voi, russeddi, funci niuri. La raccomandazione che l’Asp rivolge ai consumatori è pertanto di «far controllare tutti i funghi raccolti presso gli sportelli micologici aziendali oppure di acquistarli esclusivamente da venditori che espongano sui contenitori dei funghi il «tagliando Asp» di avvenuta certificazione.
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