Catania, il processo per odio razziale sui social: «Non ha scritto “Buttateli a mare”», precisa il legale di uno dei 5 condannati
«L’articolo attribuisce erroneamente l’espressione “buttateli a mare da dove sono venuti” a uno degli imputati, mentre, secondo la ricostruzione accusatoria, nessuno è stato incriminato per tale specifica affermazione. L’assistito da me rappresentato, infatti avrebbe utilizzato esclusivamente il termine “Buttateli”». Lo afferma in una nota in merito ad un articolo di stampa pubblicato ieri l’avvocato Davide Tutino, legale di una delle cinque persone condannate nei giorni scorsi dal Tribunale monocratico di Catania a multe comprese tra 667 e 2.000 euro per propaganda e istigazione a delinquere per motivi razziale, etnica e religiosi per commenti apparsi su Facebook a un video sulla presenza di migranti nel rione San Berillo del capoluogo etneo. «In attesa del deposito delle motivazioni della sentenza», il legale, in relazione alla posizione del suo assistito, «non condivide l’interpretazione giuridica che ha portato alla qualificazione come reato della frase “Buttateli” apparsa su Facebook». «L’assistito rappresentato - sottolinea il legale - è un individuo affetto da disabilità e costretto a una vita su sedia a rotelle. Durante il processo è stato evidenziato che il termine “Buttateli” non può configurare il reato previsto dall’art. 604 bis c.p., in quanto non fa riferimento a caratteristiche fisiche, etniche o culturali della persona offesa. L’intento era di esprimere “Buttateli in galera” o “in carcere”, sottolineando la necessità di punire chi delinque, senza alcuna connotazione discriminatoria. A parere della difesa, occorreva distinguere le singole posizioni e valutare la portata di ognuna di esse. Per tale motivo si valuterà un ricorso in appello».