Si è dichiarato incompetente per territorio il giudice di pace di Catania che ha trattato il ricorso contro un decreto di espatrio emesso dal Questure di Trapani nei confronti di una ventenne nata in Sicilia da genitori tunisini che era tornata nell’isola, su un barcone approdato a Pantelleria, per raggiungere la madre che era rimasta nel capoluogo etneo. Il padre, dopo una serie di liti con la moglie, l’aveva costretta a tornare con lui nel paese nordafricano. Una volta diventata maggiorenne, lei ha avviato l’iter per tornare in Italia e stare con la madre, ma non è riuscita a ottenere i permessi. Così ha deciso di pagare i trafficanti e salire su uno dei barconi che attraversano il Mediterraneo. Il 25 agosto scorso, sei giorni dopo il suo arrivo a Pantelleria, è stato emesso un decreto di espulsione. La ragazza, libera di rientrare a Catania con la madre che era andata a prenderla, ha presentato ricorso, ma il giudice di pace del capoluogo etneo si è dichiarato incompetente per territorio ritenendola radicata a Trapani. Contro questa decisione ha depositato un atto di appello al Tribunale civile il legale della giovane, l’avvocato Giuseppe Lipera, rilevando, tra l’altro, che «la ragazza è nata a Catania, che ha sempre vissuto in questa città, se non quando il padre con la forza l’ha costretta a tornare in Tunisia» e che «l’eventuale permanenza clandestina si sarebbe consumata nel capoluogo etneo». Nell’atto il legale torna a ribadire che «in questo caso è giusto parlare di Ius soli», perché la ventenne è figlia di due genitori tunisini che si erano trasferiti a Catania nel 2000, in possesso di regolari visti e permessi. Tre anni dopo nel capoluogo etneo è nata la ventenne. «A Catania - spiega il legale - la ragazza ha frequentato l’asilo, ha imparato a camminare e a parlare, finché, a causa di incomprensioni e liti domestiche, il padre, senza alcun preavviso, arbitrariamente è tornato in Tunisia portandola con sé all’insaputa della madre. A nulla sono servite le querele sporte dalla madre nei confronti dell’ex marito». La ventenne, ricostruisce l’avvocato Lipera, «non ha più potuto fare rientro in Italia senza il consenso, mai prestato, del padre che l’aveva sottratta in segretezza alla madre». Diventata maggiorenne la giovane ha iniziato l’iter per poter fare rientro a in Italia e riabbracciare la madre, ma non è riuscita a ottenere i permessi per raggiungere Catania e la mamma. Ha quindi deciso di tornare in Sicilia, «dove è nata - ribadisce il legale - costretta a pagare una somma assai elevata per raggiungere l’isola a bordo di un gommone affollato, rischiando la propria vita in mare». La madre, ha mantenuto i rapporti con la figlia grazie ai nonni materni e ai suoi viaggi in Tunisia, e le ha inviato somme di denaro. «La ventenne - ribadisce l’avvocato Lipera - ha sempre manifestato il proprio desiderio di tornare nella sua città natale insieme alla madre». La donna ha altri tre figli minorenni, due maschi e una femmina, anche loro nati a Catania che sono italiani e vivono con lei.