Non si dimette e rilancia la richiesta al prefetto di Catania di «mandare gli ispettori al Comune» per «controllare i sette anni» da primo cittadino, «atto per atto» e per «passare al setaccio» il suo operato certo che «non c’è stata alcuna collusione, tolleranza o accondiscendenza con la mafia». Lo ha fatto, in conferenza stampa a Palazzo Alessi, il sindaco di Paternò, Antonino Naso, indagato dalla Procura distrettuale di Catania per voto di scambio politico mafioso, reato che, secondo l’accusa, sarebbe stato commesso con esponenti del clan Morabito-Benvegna legato alla ‘famiglià Laudani, durante le elezioni comunali del 2022.
«Qualsiasi decisione - ha spiegato il sindaco Naso - l’ho presa sempre ascoltando la città. Non mi nascondo. Ho invitato tutti i consiglieri comunali, opposizione e maggioranza perché tutti siamo a servizio della città. In questo momento particolare ho sentito il calore e ho deciso di metterci la faccia come ho sempre fatto. Perché vivo la mia città e non la rinnegherò mai. Il valore della libertà è incommensurabile, ma ancora più grande è il valore della verità. Vogliamo la verità. Possiamo aprire il comune sotto e sopra, ma vogliamo la verità. Vengano a controllare i conti in banca del sindaco».
Il Tribunale del riesame di Catania, il 30 settembre scorso, ha accolto il ricorso della Procura di Catania contro la decisione del gip di rigettare la richiesta di emettere un’ordinanza cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di cinque indagati nell’operazione Athena, compreso il sindaco Naso, per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio assieme ad altri 48 imputati. Il Tribunale ha disposto la sospensione dell’ordinanza agli arresti domiciliari, fino alla decisione della Cassazione.
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