Torna la tesi del «fuoco amico» per la morte di Filippo Raciti, chiesta la revisione del processo
Torna la tesi del «fuoco amico» per la morte di Filippo Raciti, l’ispettore di polizia deceduto il 2 febbraio 2007 negli scontri tra forze dell’ordine e ultras del Catania mentre alla stadio Angelo Massimino si giocava il derby col Palermo. La riformula l’avvocato Giuseppe Lipera, difensore di Antonino Speziale, che è stato condannato, per omicidio preterintenzionale, reato commesso quando era minorenne, a otto anni e otto mesi di carcere, già scontati, presentando domanda di revisione del processo alla Corte d’appello di Messina. Al centro dell’istanza la «nuova prova»: due interviste a Le Iene del 2020 che parlano di fuoco amico. Al centro dell’istanza quella che il penalista chiama la «nuova prova»: le interviste trasmesse, il 12 e il 26 novembre del 2020, dalla trasmissione Le Iene su Italia1, a una donna di 47 anni e un uomo di 45, sentiti da Ismaele La Vardera, oggi deputato regionale in Sicilia. I due hanno sostenuto la tesi del 'fuoco amicò, secondo cui Raciti sarebbe stato ferito mortalmente da un Range Rover della polizia. Ricostruzione affrontata anche nei processi e smentita da tre gradi di giudizio. La donna, interpretata da un attrice, ha sostenuto che, in qualità di familiare acquisita della famiglia Raciti aveva partecipato ai funerali e in quell'occasione «aveva udito un poliziotto che avvicinandosi a Nazareno Raciti», avrebbe «chiesto scusa al padre dell’ispettore perché la morte del figlio era stata causata dalla manovra errata di un collega». Ha inoltre aggiunto che «aveva capito che Speziale era stato solo un "capro espiatorio"»