Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Catania, negato il piano di reinserimento a un detenuto che ha scontato la pena: i legali presentano ricorso

Il carcere di Bicocca, a Catania

Fuori dal carcere lo attendeva un progetto di inserimento sociale ma un provvedimento del questore di Catania, opposto rispetto all’ordinanza del magistrato di sorveglianza, lo ha ritenuto un soggetto socialmente pericoloso e l’ha rinchiuso nel Cpr di Trapani, centro per stranieri senza permesso di soggiorno.

È la storia di Kenneth Osayuwa, 26 anni, nigeriano, esempio di mancato reinserimento di un detenuto che lo scorso 8 agosto ha finito di scontare una pena di 7 anni e 2 mesi per associazione mafiosa: era legato alla mafia nigeriana, al clan Maphite.

La sentenza di condanna aveva disposto l’espulsione del condannato, come misura di sicurezza, dopo l’espiazione della pena.

«Il 3 luglio scorso il magistrato di sorveglianza di Catania, alla luce del percorso rieducativo condotto nel carcere di Bicocca, ha ritenuto non sussistenti i presupposti per la formulazione di un giudizio di pericolosità sociale, rigettando la richiesta di espulsione – spiegano gli avvocati Carmelinda Cannilla del Foro di Catania e Giuseppe Guttuso del Foro di Palermo –. All’atto della scarcerazione la questura di Catania ha disposto il trattenimento presso il Cpr di Trapani/Milo. Questo nonostante la dichiarazione di non pericolosità sociale e il rigetto della richiesta di espulsione da parte del magistrato di sorveglianza. Era stato trovato un alloggio a Caltagirone e la possibilità di un tirocinio retribuito secondo il progetto dell’Uepe di Catania, con la promessa concreta di assunzione».

Gli avvocati si sono opposti alla decisione davanti alla Corte d’appello di Catania, che ha confermato il provvedimento, e adesso i legali hanno fatto ricorso in Cassazione.

«Siamo in attesa dell’esito da Roma – spiega Cannilla –. Kenneth Osayuwa è arrivato in Italia nel 2016, ancora minorenne. Era prima transitato dalla Libia, dove ha subito prigionia illegale, torture, pestaggi. È stato condannato per appartenenza al gruppo criminale Maphite, ma non gli è stato attribuito alcun reato specifico (violenza, minaccia, traffico, spaccio), ma esclusivamente la partecipazione passiva al gruppo. In carcere ha iniziato un percorso formativo e riabilitativo personale che lo ha portato a presentare nel giugno scorso la domanda di protezione internazionale».

Caricamento commenti

Commenta la notizia